"Siamo vicini ai poliziotti penitenziari che ogni giorno subiscono aggressioni da parte dei detenuti. Noi non ci fermiamo e continuiamo la nostra battaglia affinché possano essere concesse le assunzioni straordinarie per colmare la carenza degli organici nelle carceri". E' la voce dei candidati del concorso per l'arruolamento di 754 allievi agenti di Polizia Penitenziaria che, nonostante abbiano riportato dei voti superiore al nove, e quindi risultati idonei alla prima prova preliminare, sono rimasti esclusi dagli accertamenti psico-fisici e attitudinali.
La battaglia ha avuto inizio lo scorso marzo 2020, quando l'Italia ha dovuto far fronte all'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19: sono state sospese le procedure concorsuali e, di conseguenza il nuovo bando di concorso non è stato ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Vista l'impossibilità di bandire una nuova procedura selettiva, infatti, giovani determinati e dinamici hanno dato vita al Comitato degli idonei ai quiz chiedendo a gran voce lo scorrimento della graduatoria, al fine di colmare gli organici e consentire agli agenti di Polizia Penitenziaria di operare in sicurezza all'interno delle carceri.
Nonostante le continue richiesta da parte dei ragazzi e delle sigle sindacali Sinappe, Sappe, Uspp, Cnpp e Fp Cgil il Decreto Rilancio ha autorizzato solo 650 assunzioni di nuovi agenti che non coprirebbero nemmeno i pensionamenti, esludendo l'aliquota dei ragazzi che hanno svolto il servizio militare. Per questi motivi, anche con l'appoggio dei sindacati i candidati del concorso 2019 continuano a chiedere lo scorrimento della graduatoria, che garantirebbe nuove risorse per il Corpo in tempi rapidi e senza ulteriori costi per le casse statali.
Come ormai noto, le aggressioni negli istituti penitenziari sono all'ordine del giorno. Proprio alcuni giorni fa, infatti, un detenuto avrebbe aggredito due agenti di Polizia Penitenziaria nel carcere minorile Beccaria di Milano. Questo, dovrebbe far riflettere gli organi competenti sulle criticità in cui versano le carceri e con le quali sono costretti a lavorare gli operatori penitenziari, sperando che al più presto, vengano presi i giusti provvedimenti anche nei confronti di chi continua a denigrare, ad aggredire e a minacciare gli agenti.