A Milano Marittima, dove sta passando più tempo che al Ministero di cui è titolare, dove incontra giornalisti, fa conferenze stampa, litiga con chi riprende suo figlio sulla moto d’acqua della polizia (roba da Roma imperiale), dove infine sfoggia il suo petto villoso e nudo, Matteo Salvini scandisce bene la frase e conquista il più tonante degli applausi. «O i 5 Stelle ci danno una mano a migliorare il Paese, oppure il paese lo miglioriamo da soli».
Della serie, “ué ragazzi lasciatemi lavorare, o fate quello che dico oppure potete tornarvene a casa; pacchia finita.”E il popolo leghista si spella le mani e, a gran voce, chiede al suo Capitano di rompere gli indugi e dare il ben servito a Conte.
A questo punto, per il M5S, il percorso diventa molto molto accidentato: se non fanno quel che ordina Salvini, vanno a casa; se lo fanno, tradiscono il mandato elettorale, come già avvenuto in molte occasioni tanto da mettere in discussione la loro identità. Ma il risvolto, a questo punto, diventa drammatico, perché, arrivati a questo punto, il M5S, o quel che ne rimane, diverrebbe una costola della lega.
Di Battista prova a reagire alle parole di Salvini ma trova sulla sua strada un Di Maio che si dimena alla disperata ricerca di un appiglio che gli consenta di mantenere la sua baracca travolta dal tornado salviniano.
Salvini, indisturbato (anche il PD di Zingaretti dorme alla grande) si traveste da DJ, va alla consolle e, con tutto il pubblico festante, intona Romagna Mia.