Secondo la Transcrime, (istituto di criminologia emanazione dell’università Cattolica di Milano), tra il 2004 e il 2012, il numero dei furti a domicilio, ha raggiunto il 114%, contro un aumento dei furti in generale del 4%. Un fenomeno criminale, che è particolarmente diffuso al Nord, dove i malviventi stanno colpendo con maggiore durezza in reazioni di vario stampo. Ad esempio la caccia culminata con l’uccisione del ladro avvenuta a dicembre a Serle, nel Bresciano, le ronde di cittadini armati di asce e bastoni nella zona del lago di Como oppure un corteo spontaneo dei derubati di una settimana fa per le vie di Tirano, in Valtellina.
Anche nei primi mesi del 2013, secondo una ricerca dell’associazione di proprietari immobiliari Confabitare, i furti a Bologna hanno registrato un aumento del 30,3%, a Milano del 29%, a Torino del 26% e a Roma del 25%.
«L’allarme destato da questo tipo di reati - spiega Marco Dugato, ricercatore e docente della Cattolica - si spiega con due ragioni: da un lato, vengono violate non solo le cose, ma anche lo spazio privato e degli affetti; dall’altro, la vittima percepisce che i colpi non sono improvvisati e che presuppongono preparazione e osservazione dei luoghi».
Per Dugato, non bisogna associare le razzie porta a porta alla crisi economica: «Chi si trova dalla sera alla mattina senza un lavoro e senza un reddito e tenta il colpo della disperazione è più probabile che si inventi scippatore, rapinatore o ladruncolo da supermercato».
Oltre ai numeri, impressionano le reazioni provocate dai furti a catena nelle case. «Anche in questo c’è una logica. Spesso i colpi - conclude il ricercatore - avvengono a distanza ravvicinata e in poco tempo: nella stessa strada, nello stesso quartiere. Ciò fa sentire tutti gli abitanti esposti al medesimo rischio e innesca dei meccanismi di difesa comuni».