L'Italia verso una scelta epocale? È ancora presto per dirlo, ma le aperture da più parti riguardo la legalizzazione della cannabis segna già una rottura con il recente passato. Se nel Pd è il senatore Luigi Manconi ad annunciare di aver depositato un disegno di legge a riguardo e si registra l'appoggio di alcuni esponenti dell'area renziana, sorprende la timida posizione della Lega Nord con l'assessore della Lombardia, Gianni Fava nei confronti di depenalizzazione e uso terapeutico. Favorevole anche Sel.
A dare il là alle riflessioni in merito c'è il cambiamento di rotta avvenuto in altri Paesi come gli Stati Uniti, dove la cannabis è stata totalmente legalizzata. Stessa cosa è accaduta in Uruguay. In quest'ultimo caso l'obiettivo dichiarato è quello di sconfiggere definitivamente il narcotraffico del vicino Paraguay. È proprio l'abbattimento dei canali illegali della droga a dare la spinta in più alla nuova ondata legalizzatrice.
Non mancano però i pareri contrari. In Italia, Paese conservatore e pervaso da un certo bigottismo, un eventuale decisione in merito dovrà scontrarsi con il forte perbenismo e - soprattutto - con dei numeri in Parlamento che attualmente non permettono grandi manovre.
Poco tempo fa è stato Silvio Garattini, direttore Ricerche Farmacologiche Mario Negri, a suonare il campanello d'allarme definendo la cannabis «la porta d'ingresso per dipendenze più pericolose». Garattini si è basato su uno studio condotto sulle acque fognarie di Amsterdam (in Olanda è già legale) e Milano notando come in quelle dei Paesi Bassi sia riscontrabile una maggiore percentuale di stupefacenti. Il direttore dell'area Ricerche farmacologiche, inoltre, è scettico anche sull'efficacia terapeutica della cannabis.
A far da contraltare a Garattini c'è Giorgio Bignami, dirigente di ricerca all'Istituto superiore di Sanità e presidente del Forum Droghe, che sostiene la maggiore pericolosità dell'alcol rispetto alla marijuana. Per Bignami la legalizzazione porterebbe al drastico ridimensionamento del narcotraffico.