«Bisogna formare il cuore, altrimenti formiamo piccoli mostri, che governeranno il popolo di Dio. Questo mi fa venire davvero la pelle d’oca». È quanto è emerso dall’incontro, tenutosi il 29 novembre scorso, tra Papa Francesco e 120 superiori dei religiosi di tutto il mondo. Solo oggi, la Civiltà Cattolica, in esclusiva, ne riferisce il contenuto raccolto dal direttore, padre Antonio Spadaro.
Il pontefice ha preso in considerazione una serie di temi delicati che riguardano non solo la vita religiosa ma,anche la vita della Chiesa e le attese di tutti, credenti e non. «La chiesa deve essere attrattiva, svegliate il mondo - raccomanda Bergoglio ai religiosi - Siate testimoni di un modo diverso di fare, di agire, di vivere. Senza paura di sbagliare: La vita è complessa, è fatta di grazia e di peccato. Se uno non pecca, non è uomo. Tutti sbagliamo e dobbiamo riconoscere la nostra debolezza. Un religioso che si riconosce debole e peccatore non contraddice la testimonianza che è chiamato a dare, ma anzi la rafforza e questo fa bene a tutti».
Il Papa denuncia anche il rischio del fondamentalismo: «Bisogna conoscere la realtà per esperienza, dedicando un tempo per andare in periferia a contatto con la realtà e il vissuto della gente. Se questo non avviene, allora ecco che si corre il rischio di essere astratti ideologi o fondamentalisti». L’altro ostacolo è quello del clericalismo: «Bisogna sconfiggere questa tendenza al clericalismo anche nelle case di formazione e nei seminari. Io lo riassumo in un consiglio che una volta ho ricevuto da giovane: "Se vuoi andare avanti pensa chiaramente e parla oscuramente". Era un chiaro invito all’ipocrisia. Bisogna evitarla a ogni costo». Bergoglio forse sarà ricordato come il primo Papa anticlericale della storia.
Il pontefice cerca di spingere i fedeli a divenire «profeti e non nel giocare ad esserlo». «La profezia fa rumore, chiasso, qualcuno dice “casino”. Ma in realtà il suo carisma è quella di essere lievito: la profezia annuncia lo spirito del Vangelo». Il Papa chiede ancora coraggio: «Il carisma non è una bottiglia di acqua distillata. Bisogna viverlo con energia, rileggendolo anche culturalmente. Ma così c’è il rischio di sbagliare, direte, di commettere errori. Anche se è rischioso, faremo sempre degli errori, non ci sono dubbi. Ma questo non deve frenarci, perché c’è il rischio di fare errori maggiori. Infatti, dobbiamo sempre chiedere perdono e guardare con molta vergogna agli insuccessi apostolici che sono stati causati dalla mancanza di coraggio».
Essendo gesuita, il Papa, conosce molto bene la vita religiosa e invita a saper vivere con serenità anche la vita in comunità, senza temere i conflitti. Anzi, per lui, bisogna accarezzare il conflitto, poiché «la realtà ci dimostra che in tutte le famiglie e in tutti i gruppi umani c’è conflitto. E il conflitto va assunto: non deve essere ignorato. Se coperto, esso crea una pressione e poi esplode. Una vita senza conflitti non è vita». Lo sa bene lo stesso Bergoglio che, dopo essere stato superiore provinciale dei gesuiti in Argentina, molto giovane, è entrato in conflitto con la Compagnia e stava quasi per abbandonarla. Ora, il pontefice sta cercando di colmare il fossato che per circa trent’anni lo ha diviso dai suoi confratelli. Un evento rilevante, in questa senso, è stata la messa celebrata il 3 gennaio presso la Chiesa del Gesù, con 350 gesuiti giunti da tutto il mondo, come ringraziamento per la canonizzazione del sacerdote gesuita, Pietro Favre. Nell’omelia, il pontefice ha invitato i gesuiti ad essere uomini 'inquieti' continuamente in ricerca, e a ricordare che il «Vangelo si annuncia con dolcezza e amore, non con le bastonate».