23 marzo, terzo incontro, del Premio Nazionale Borsellino che ha già visto Ilaria Cucchi e Giovanni Impastato parlare delle mafie e dei soprusi che questa compie contro le persone inermi che non sanno e non hanno il coraggio di ribellarsi.
C’è un prezzo da pagare se non si vuole avere un prezzo, è questo il titolo di quest’incontro. Ed è proprio sulla capacità di rifuggire conoscendo la malavita che, in particolare, nei paesi del sud molto spesso sono i padroni di intere comunità.
Le donne contro i soprusi sono e sono state tante anche a costo della loro libertà e troppo spesso della loro vita.
Per parlare di donne e del coraggio che le distingue, l’attrice regista Maria Egle Spatorno ha letto e recitato Storie di Donne, scritte come una cronaca giornalistica mescolata al racconto.
L’attrice ha letto un racconto che ha come protagonista Rosa Trivulzio, madre di Turiddo, ucciso dalla mafia perché aveva osato parlare e contrastare i malavitosi e che fu ucciso con colpi di lupara: “alla testa per distruggere le idee, alla bocca perché aveva osato parlare”.
Rosa Trivulzio, la madre, non volle tacere e decise di continuare la lotta del figlio contro i notabili del paese mafiosi e, nel 1961, i colpevoli furono condannati a 4 ergastoli, ma l’Appello, con una decisione presa in sole tre settimane, decise l’assoluzione per insufficienza di prove, deludendo profondamente questa donna che aveva combattuto e sperato nella giustizia.
La lettura del brano dedicato a Rosa Trivulzio, letto e interpretato magistralmente, è stato accompagnato dalla chitarra di Valerio Valeri che ha concluso con una canzone di De André.
A parlare poi Stefania Grasso, figlia dell’imprenditore Vincenzo Grasso, inviso ai mafiosi perché vero imprenditore che lavorava per il bene della propria famiglia, dei propri impiegati e del bene comune di tutto il paese. Inviso perché aveva rifiutato d pagare il pizzo.
“Era un uomo normale – ha detto la Dirigente Alessandra Di Pietro, introducendo e presentando Stefania Grasso – che viveva a Locri, che ha subito i soprusi e le angherie dei mafiosi del luogo, ma che ha saputo resistere ed oggi Stefania è testimone di verità e di richiesta di giustizia. Come scuola, il senso del nostro cammino è ricordare ai nostri ragazzi di non essere pessimisti e cedere al disincanto, ma di volere conoscere la verità e di avere sempre in mente la possibilità di un cambiamento”.
Vincenzo Grasso era riuscito a tenere testa alle richieste per ben sette anni, nonostante le intimidazioni e i danni prodotti con sparatorie alle serrande del proprio negozio, ma, una sera, i mafiosi decisero l’ultima tappa della loro intimidazione con l’uccisione dell’imprenditore con colpi di lupara sul viso.
Stefania Grasso parla, accorata, ricordando la sua vita di figlia, ignara per tanto tempo del dramma che si stava svolgendo nella sua stessa famiglia. Figlia che non aveva capito perché e non aveva voluto vedere, atteggiamenti che danno forza alla mafia che ha così la possibilità di espandersi e comandare.
“Ho sempre pensato che non fosse un mio problema, con voi ragazzi voglio fare un esperimento, vi dirò dei nomi e se li conoscete alzate la mano, se non li conoscete tenete la mano abbassata. Giovanni Falcone, mano alzate al 100%, Paolo Borsellino, uguale, e se io vi dico Emanuele Laoi, nessuno sa chi è, Rocco Di Cillo, nessuno sa chi è, ma se vi dico gli agenti di scorta di Falcone e Borsellino voi ragazzi alzate tutti le mani. Il nostro paese ha avuto tante vittime innocenti sconosciute uccise per la scelta da loro fatta per garantire la libertà. Vi chiedo di sceglierne uno solo e di leggere la sua storia. Sono persone, donne uomini bambini, uccisi perché rispettavano i valori in cui credevano” …” ricordo che non mi rendevo conto della vita dei mafiosi del paese, non mi riguardava, dicevo che si sparavano tra di loro e che forse era meglio così. Ero andata a studiare a Firenze, anche contro la volontà di mio padre, che diceva che bisognava restare nella terra dove si era nati e vissuto per poterla cambiare” … “La sera del 20 marzo sono andata a passeggio per rivedere i miei amici. In lontananza ho sentito le sirene di un’ambulanza, ma pensavo si ammazzano fra loro noi siamo persone comuni. Ho preso la macchina con mio fratello ed ho visto arrivare un’autoambulanza e fermarsi. Mio fratello mi ha portato via non facendomi veder mio padre. Io non ho saputo subito e quando sono andata via ho avuto mille pensieri, però quando ti capita una cosa del genere non sai più ragionare” … “Quando ti capita una cosa del genere ti rendi conto che non era come pensavi e cominci a capire che siamo tutti esposti. Finché pensiamo che non sia una nostra responsabilità di conoscere, allora, la lista delle vittime continuerà a crescere. Adesso il nome di Vincenzo Grasso che troverete nell’elenco non vi sarà più sconosciuto perché io vi ho raccontato la sua storia. Questo dovrà essere uno stimolo a conoscere e a non restare indifferenti, seve esser uno stimolo per cambiare voi avete l’obbligo, il dovere di farlo. Per l’omicidio di mio padre non è stato arrestato nessuno non ci stancheremo mai di chiedere verità e giustizia. Ho una fiducia estrema nello Stato, il problema più grave del nostro pese è la corruzione ma sono fermamente convinta che ognuno può scegliere da che parte stare. Dobbiamo conoscere per scegliere”.
Stefania Grasso è parte attiva di Libera l’associazione fondata da don Luigi Ciotti per sconfiggere le mafie e aiutare i giovani e tutti a debellare questo cancro che attanaglia da troppi anni molti paesi.
Un giovane insegnante del Liceo Artistico di Penne, Graziano Fabrizi, ha presentato il Progetto di Legalità, dedicato a Peppino Impastato che sta portando avanti con gli studenti per unire virtualmente quella casa, a cui si arrivava facendo 100 passi, alla scuola e a tutti quelli che vorranno aderire all’iniziativa.
Pierluigi Guerrieri, attore, ha letto alcuni passi di uno spettacolo teatrale “Amori Amari”, che parla dei femminicidi fin troppo quotidiani oggi in Italia.
Durante tutto l’incontro una studentessa Simona Di Michele, che frequenta la quinta sala D, ha fatto un disegno interpretativo della situazione delle persone che subiscono e non parlano. Questo disegno è stato donato a Stefania Grasso come testimonianza di una vicinanza di idee che i giovani hanno per la legalità e la libertà.
La rappresentante degli studenti Alessandra Partenza ha letto dei pensieri sul femminicidio e sulla situazione delle donne nella vita e nel lavoro.