Anche questo anno, l’Istituto Alberghiero F. De Cecco di Pescara, ospita il Premio Borsellino che, attraverso i racconti dei protagonisti, parla di realtà che a molti possono sembrare lontane, ma che, ogni giorno, e da tanti anni, costringono le persone a subire soprusi, a lottare e molto spesso dare la propria vita per il rispetto della legalità, della vita e per il bene comune.
Il 9 marzo è stato Giovanni Impastato a raccontare del fratello Peppino ucciso dalla mafia proprio perché determinato a non soccombere alle direttive delle famiglie mafiose, compresa la sua, dove il padre stesso aveva giurato l’appartenenza alla mafia.
Peppino e Giovanni, due giovani ragazzi di 15 e 10 anni, andarono sul luogo dove lo zio Cesare Manzella era stato dilaniato da una bomba posizionata dalla mafia. Tanto fu lo sgomento di Peppino, nel vedere quello scempio e realizzare che le imposizioni mafiose e le regole erano date affinché fossero solo alcune persone a comandare e a dirigere la vita di molti, fece esplodere la sua rabbia e dal quel giorno giurò di lottare contro tutto e tutti quelli che dettavano o seguivano regole mafiose.
100 passi erano quelli che separavano la casa degli Impastato da quella di Gaetano Badalamenti boss mafioso prepotente e prevaricatore.
Aprendo la manifestazione la Dirigente Alessandra Di Pietro ha presentato i relatori e ha detto:
“Parlare di legalità nelle scuole è fondamentale perché significa educare al rispetto delle regole, di sé stessi, al merito, alla giustizia, all’integrità, al rispetto dell’altro, valori che sono essenziali nel processo formativo E questa comprensione passa anche attraverso il valore della testimonianza di persone che hanno rappresentato con la loro vita comportamenti di assoluta integrità, ovvero sono modelli positivi, uomini che hanno improntato la propria vita di persone e di professionisti al rispetto della legge e al rifiuto di logiche mafiose”.
Leo Nodari, fautore ed organizzatore del Premio Borsellino, ha aperto la manifestazione ringraziando Giovanni Impastato:
“Grazie per essere qui a manifestare per la legalità e ciò è possibile solo se ci sono e ci saranno persone come voi che sconfiggono la mafia e non essere tentati da un sistema di vita che schiaccia l’altro come la mafia. Peppino impastato era un ragazzo coraggioso e suo testimone oggi, presente, è Giovanni. Peppino negli anni 70 da solo, a capo del suo gruppo di compagni, ebbe il coraggio di sfidare il potere mafioso presente a Cinisi. Battersi contro la mafia ed il malaffare non è semplice. A nessuno viene chiesto il coraggio di sfidarla a viso aperto. Bisogna battersi contro la mentalità mafiosa che è far finta di non vedere senza parlare.
Primario è che la scuola vi dia un’educazione civile. Non si può vivere una vita da soli contando sull’infelicità degli altri. Non si può vivere nell’indifferenza, se non ci fosse stato chi si è battuto, mentre noi pensavamo ai fatti nostri, anche quando non ci interessava con i fatti e con i voti. La corruzione viene pagata da tutti, essere corrotti significa essere indifferenti e perdere il diritto di dire la propria. Se sarete parte attiva della società avrete il diritto di parlare e di dire no. Il messaggio di Peppino è forte: ‘non mi voglio fare i fatti miei, voglio avere diritto alla parola, avere una città più equa più libera più mia’. Camminare i 100 passi, sarà sempre la persona coraggiosa a lasciare il messaggio, vivete questa vita vissuta in qualunque cosa in cui credere veramente come parte attiva. Due testimonianze ieri con Ilaria Cucchi ed oggi un fratello, Giovanni Impastato, per arrivare alla realtà e denunciare chi aveva commesso il crimine. Ricordate, ragazzi, che l’indifferente passa la vita senza storia”.
Giovanni Impastato ha preso la parola e, rivolgendosi in particolare agli studenti presenti, ha detto: “Ringrazio tutti quelli che mi ascoltano. Peppino non è mai stato dimenticato lavorando di storia e di ricerca. Dobbiamo stare lontano dagli eroi, Peppino era animato da una grande voglia di giustizia e legalità. Tutto inizia negli anni 60 con l’uccisione dello zio. La mia famiglia è di origine mafiosa. ‘Se questa è la mafia io per tutta la vita mi batterò contro’, così disse mio fratello vedendo lo scempio seguito allo scoppio della bomba. Peppino viene ripudiato da nostro padre. Fonda il giornale IDEA e porta avanti le denunce contro lo stesso nostro padre e i notabili del paese. Il giornale viene chiuso dopo denunce e Peppino viene condannato. Peppino comincia con le battaglie ecologiche, amava il suo territorio e portava avanti le idee per la salvaguardia del territorio. Militante politico, Peppino, aveva fatto delle scelte democratiche in ordine e rispetto della nostra Costituzione. 15 anni furono gli anni di lotta, si candidò nella lista della Democrazia Proletaria. La radio fu una grande voce ascoltata da molti e lui usava l’ironia prendendo in giro i notabili del paese ed i mafiosi. Dava loro nomi particolari a tutti loro e questo li irritava notevolmente in quanto faceva perdere loro il potere dell’arroganza.
Il ruolo che può avere un giornalista coraggioso attraverso i media è enorme, i ragazzi possono conoscere attraverso la loro voce molto, quando questi vengono sfruttati in modo positivo.
Il 9 maggio del 1978, venne ucciso dilaniato da una bomba dopo che l’avevano legato alle rotaie del treno, venne ucciso perché la mafia aveva capito che stava raccogliendo consensi. Venne ucciso prima nostro padre che aveva giurato per l’organizzazione mafiosa e poi Peppino.
Il ruolo di mia madre Felicia è stato molto importante, lei ha voluto a tutti i costi la condanna della mafia con un ruolo attivo, rifiutando la vendetta personale e diceva a proposito di Peppino: ‘Non era uno di voi e vendetta non ne voglio’. Così rispose a chi voleva che lei acconsentisse ad accettare la vendetta per la morte del figlio. E ciò ha salvato il resto della famiglia.
Casa Memoria nasce virtualmente all’indomani della morte di Peppino. Mia madre decise di aprire le porte per accogliere tutte le persone che volevano sapere. Da quella casa sono partite le denunce fino a farla diventare una casa simbolo. La gente andava a visitarla per vivere l’emozione del luogo dove aveva vissuto il figlio, mio fratello. Dopo il film I 100 passi, l’attenzione aumentava sempre di più. Negli ultimi periodi si preoccupava del passaggio della memoria ricordando che Peppino non era un eroe e rinunciò alla proprietà della casa che adesso è un bene che appartiene al Comune, alla cittadinanza vincolata, come patrimonio culturale. Se vogliamo sconfiggere la mafia dobbiamo essere coerenti. Il percorso 100 passi tra la mia casa e quella di Badalamenti è diventato un luogo di visite. Da quando la casa è stata confiscata dallo Stato è diventata un luogo importante aperto al pubblico dove non ci sono chiacchiere ed illusioni. Bisogna suscitare le emozioni in un bagno di memoria e di cultura”.
Presenti in aula gli studenti della Scuola Media Pascoli accompagnati dalla loro Preside Daniela Morgione a da alcuni insegnanti e gli studenti di alcune classi dell’Alberghiero.
I ragazzi, che hanno fatto un percorso con i loro docenti per comprendere l’argomento trattato durante l’evento del 9 marzo, hanno voluto fare domande a Giovanni Impastato per avere chiarimenti e maggiori spiegazione sui fatti raccontati.
Sara Santoleri, rappresentante degli studenti nel Consiglio d’Istituto e studentessa della classe IV sezione A, indirizzo Accoglienza, ha letto un documento scritto e condiviso con gli altri studenti.