Il 25 aprile 1945 aveva solo due anni.
Troppo pochi per potersi definire, in qualsiasi misura, una protagonista degli eventi che costituirono il vittorioso culmine della lotta partigiana in Italia. Eppure, lo scorso venerdì, la piemontese Carla Federica Nespolo, classe 1943 e una lunga militanza da parlamentare comunista (deputata dal 1976 al 1983 e poi senatrice fino al ‘92), ha raccolto il testimone di Carlo Smuraglia, l’ex combattente del gruppo “Cremona”, alla guida nazionale dell’ANPI.
Per la verità Smuraglia, che nel suo curriculum vanta anche la presidenza del Consiglio regionale della Lombardia (dal ’78 all’80) e tre legislature da senatore della Repubblica (XI, XII e XIII) aveva appena iniziato il suo secondo mandato al vertice dell’associazione dei partigiani italiani, dopo aver portato a termine il primo, iniziato nel 2011. Ma, a 94 anni, ha ritenuto opportuno lasciar spazio ad un ricambio e ad una svolta epocale. Perché di questo si tratta, e per due motivi: il nuovo presidente ANPI infatti, non solo è la prima donna ad assumere tale carica (la signora Nespolo, comunque, era già vicepresidente dell'associazione), ma - altro aspetto senza precedenti - è anche privo di un passato da combattente. Fino all'altro ieri, invece, era praticamente un requisito indispensabile che un presidente fosse stato un partigiano: questa è stata la regola aurea (ferrea) da Arrigo Boldrini fino, appunto, a Smuraglia. Passando per Agostino Casali e Raimondo Ricci.
Arrigo Boldrini (1915-2008), più noto come “Bulow” ai tempi della guerra partigiana (il soprannome è un omaggio ad un generale prussiano di epoca napoleonica), ottenne i galloni di eroe della resistenza al comando della 28a Brigata Garibaldi “Mario Gordini”, attiva in Romagna e nel Delta del Po. Anche se è stata ormai provata la sua estraneità ai fatti il nome di Boldrini continua ad essere associato, in modo sinistro, all’eccidio di Codevigo, consumatosi tra l’aprile e il giugno ’45 nel territorio del comune patavino ai danni di 136 tra militanti repubblichini e delle Brigate Nere. Nel dopoguerra spettò a lui l’onore di presiedere l’organismo che raccoglieva i reduci della lotta per la liberazione: e, nella carica di primo associato ANPI, restò praticamente per il resto della vita, dal 1947 fino al 2006, cioè fino a due anni prima di morire.
Finita la lunga era Boldrini, al vertice dell’associazione salì Agostino Casali detto Tino (1920-2015), l’uomo che, a capo della divisione d’assalto “Antonio Gramsci”, fu protagonista dell’insurrezione generale che portò a liberare Milano. Era cresciuto come combattente antinazista in Francia, col falso nome di Auguste Colombani. Nel ’69, fondò il “Comitato Permanente Antifascista contro il Terrorismo per la difesa dell'Ordine Repubblicano”, la cui direzione avrebbe lasciato poi a Smuraglia. Nel '76 divenne vice presidente vicario dell'asso-partigiani e infine, dal 2006 fino al 2009, ne ebbe la presidenza.
Dopo Casali fu la volta di Raimondo Ricci (1921-2013), un martire mancato della Resistenza: da partigiano, infatti, fu arrestato dalla Guardia Nazionale Repubblicana e consegnato alla polizia tedesca, che lo spedì nel campo di concentramento di Mauthausen. Da dove tornò vivo. Finita la guerra si impegnò assiduamente in politica come consigliere comunale e presidente dell’ANPI provinciale di Genova, prima di entrare in Parlamento nel ’76 nelle file del PCI e restarvi per due legislature. Nel 1991 entrò nella vice presidenza nazionale ANPI. Un anno dopo divenne anche presidente dell’Istituto Ligure per la Storia della Resistenza e dell'Età Contemporanea, e lo rimase fino alla morte. Come primo dei tesserati partigiani, invece, non superò l'anno e mezzo: assunto, infatti, l'incarico di presidente ANPI nel giugno 2009, lo lasciò nell'aprile 2011, degnamente sostituito da Smuraglia, di cui abbiamo già detto.
E che ora diventa presidente onorario, come già lo furono Boldrini e Casali.