Agnosco veteris vestigia flammae.
Se la favolosa Didone, regina di Cartagine, avesse indossato una divisa da pompiere (pardon, da siphonarius), probabilmente, con quell’affermazione-confessione, più che a un vissuto sentimentale pieno di travagli, guardando un po’ più a nord, quindi verso l’Italia, avrebbe fatto riferimento ad uno scenario ben preciso: la puntuale (quasi rituale) falcidie di cui sono vittime chilometri di zone verdi sotto il solcancro e il solleone. A causa degli incendi, tantissime volte provocati intenzionalmente, ma assai più spesso incidentalmente: l’origine, comunque, alla luce dei risultati (in ogni caso devastanti), è praticamente irrilevante.
La cronaca di questi giorni, oltre alla preoccupante serie di focolai che si sta sviluppando alle falde del Vesuvio (e che minaccia di raggiungere le discariche di alcuni centri dell’hinterland napoletano, con le immaginabili apocalittiche conseguenze) e alle fiamme sicule (Catania e Messina), parla anche di due roghi abbastanza drammatici nel Grossetano. Alla Marina di Grosseto così come a Capalbio la giornata di ieri è stata veramente una domenica ardente. Nel comune toscano più meridionale il fuoco ha interessato, nel corso della mattinata, il versante marittimo-balneare: ad essere seriamente minacciati, infatti, sono stati lo stabilimento della Dogana (e a farne le spese è stata la duna, completamente distrutta), e un vicino campeggio. Da lì il pericolo e la paura hanno sconfinato nel Lazio, coinvolgendo anche un campeggio nel territorio di Pescia Romana, frazione di Montalto di Castro (Viterbo). Pesanti disagi per i 700 passeggeri di un Intercity che, arrivato a Capalbio Scalo, è stato costretto a una lunga sosta fuori programma, a causa della chiusura del traffico ferroviario.
Più palpitante ancora l’evolversi degli eventi nella parte marina del capoluogo toscano: qui l’incendio, la cui “culla” è stata la pineta che mette in collegamento il mare con la strada Castiglionese, si è propagato fino alle porte del centro abitato. Lungo la loro marcia, le fiamme hanno “macinato” circa 26 automobili. Il sindaco di Grosseto, Antonfrancesco Vivarelli Colonna, non ha escluso l’origine dolosa del rogo. Da notare che la Pineta aveva già sofferto un episodio incendiario abbastanza devastante, nel 2012: in quell’anno, infatti, la zona ebbe a subire la perdita di settanta ettari di boscaglia. E un’altra pineta, ma questa volta nel Lazio, quasi nelle stesse ore è stata teatro di un altro inferno di mezzo luglio: ci troviamo a Castel Fusano, alle porte di Roma. Tanto fuoco e tantissimo fumo, visibile da più parti della capitale. A scopo precauzionale per alcune ore il traffico è stato interdetto sulla Cristoforo Colombo. Anche dalle parti di Castel Fusano, proprio come a Grosseto, c’è un precedente che “arde” nella memoria: la mano del piromane aveva colpito già diciassette anni fa, provocando un rogo che distrusse decine di alberi. Stavolta, però, il colpevole sarebbe stato preso: per i nuovi atti di piro-vandalismo nel parco a 5 km dalla foce del Tevere, infatti, è finito nelle mani dei Carabinieri un idraulico ventiduenne di Busto Arsizio.
Sempre nel Lazio, un problema di fuoco & fumo si è registrato anche sul raccordo Civitavecchia-Orte. Di fumo se ne è visto pure nella zona industriale di Salerno, ma qui non è mancato neanche l’arrosto: Fuorni non sarà un punto cruciale come il Vesuvio, ma vedere un deposito di logistica dell’azienda Boccia bruciare sotto l’azione del fuoco potenziata dal vento di sicuro non è una piro-cronaca meno degna di considerazione.
E poi non bisogna dimenticare che le palazzine nei dintorni sono state evacuate, e sei persone sono rimaste intossicate: una di loro è stata costretta al ricovero in ospedale. E anche a Fuorni, nemmeno a farlo apposta, c’è un precedente: a maggio di quest’anno era già andato in fiamme un deposito di materassi.