Legittima difesa, vexata quaestio.
Proprio nel giorno in cui la Procura di Milano archivia l’inchiesta sul gioielliere di Rodano che, nel novembre 2015, sparò ad un rapinatore albanese che gli era entrato in casa, il segretario della Lega, Matteo Salvini, annuncia un 25 aprile alternativo, con una manifestazione di piazza, a Verona, che possa servire a svegliare il Parlamento circa l’urgenza di una legge sulla legittima difesa, ferma da ormai quattro anni (nun po' come quella sul testamento biologico).
“Siamo alla follia, dobbiamo raddrizzare questo Paese, a partire dai tribunali”, dice il leader leghista, appena reduce dalla trasferta di Napoli, aspramente osteggiata da una parte della popolazione. La vicenda di Rodolfo Corazzo, è ovvio, come quelle di Stacchio e di Sicignano rappresenta ormai il passato, ciò che conta è l’attualità dei fatti: e quindi il caso di Mario Cattaneo, il ristoratore di Casaletto Lodigiano trovatosi, qualche giorno fa, più precisamente nella notte tra giovedì e venerdì scorso, in una situazione simile a quella del commerciante di Rodano e da lui risolta in modo altrettanto simile.
Cambia qualche dettaglio: il ladro non era albanese ma rumeno, e inoltre non si era intrufolato nell’abitazione di Cattaneo ma nel suo negozio, un’osteria-tabaccheria, dove stava rubando delle sigarette insieme ad altri complici. In entrambi i casi una colluttazione ha preceduto la tragedia, in entrambi i casi strumento di questa tragedia è stata un’arma da fuoco: rispetto a Corazzo, però, Cattaneo sembrerebbe essere più avvezzo all’uso di grilletti e pallottole, se non altro perché è anche un cacciatore di lungo corso. Certo, però, è che, quando ad armare un braccio è la paura, la distanza tra chi ha già sparato altre volte e chi non l’ha mai fatto in vita sua si azzera in un secondo.
La paura: una variabile sempre più impazzita nel cuore sempre meno blandamente xenofobo della società italiana che in molti, e da più parti a destra, vorrebbero cavalcare strumentalmente. In chiave anti-immigrazione: invocare uno sforzo legislativo definitivo per la legittima difesa sull’onda di episodi che l’hanno vista messa in atto a danno di malviventi dell’Est significa, in fondo, offrire ai cittadini una un’ulteriore leva per scatenare i loro istinti repressivi.
La campagna anti-immigrati (insieme a quella sull’uscita dall’euro e al ritorno alla lira) è certamente un punto forte del programma di governo leghista, e questo spiega perché Salvini sia accorso nel Lodigiano per salutare da eroe il povero ristoratore. Ma oggettivamente non si può dire che il tasso di criminalità sia aumentato a causa degli immigrati, né che il volume delle loro attività criminali costituisca un’emergenza sociale: in fondo si tratta di episodi tra loro isolati, che hanno in comune lo scenario periferico, quello della provincia benestante e un po’ apatica del Nord, dove non si è abituati a una forte incidenza malavitosa e dove anche una banda di topi d’appartamento può suscitare clamore.
Eppure rispondere a uno stato d’allerta solo apparente (e molto pompato da certi media e certa politica) con uno stato di “militarizzazione” civile che diverrebbe sostanziale sarebbe un rimedio peggiore del male.
Ciò detto, la vera emergenza resta pur sempre quella della regolamentazione dei flussi di migranti, un problema che però sfortunatamente esula dalle possibilità risolutive della politica nazionale, essendo strettamente connesso al momento storico.