La diffamazione su Facebook non può essere equiparata a quella sulla stampa. Lo ha sancito la Cassazione, che respinge un ricorso di un catanese.
La diffamazione su Facebook, quindi, non può essere valutata come quella su stampa, anche se raggiunge potenzialmente un pubblico più vasto.
La Cassazione respinge il ricorso del procuratore della Repubblica di Imperia, che aveva impugnato per "abnormità " l'ordinanza con cui il gip aveva riqualificato un fascicolo relativo agli "apprezzamenti" via Facebook, pubblicati da un imputato catanese di 60 anni nei confronti di un terzo.
Il fatto è avvenuto a Diano Marina nell'estate del 2013.
Per il giudice non si trattò di diffamazione aggravata "dal mezzo della stampa", ma di semplice diffamazione aggravata dal "mezzo di pubblicità " (Facebook). La Cassazione ha bocciato il ricorso della Procura ligure, ribadendo un precedente del 2015, secondo cui la bacheca del social network può essere incasellata agevolmente nell'articolo 595 del codice penale.
L'esclusione della legge sulla stampa dimezza la pena massima prevista da 6 a 3 anni.