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Cara Francesca ho sposato una donna cinese contro la volontà di tutti e ora sono io a non volerla.................

Psiche, cuore e dintorni con la psicologa Francesca Niccheri

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Cara Francesca

Sono un uomo di 32 anni  originario di Prato e  da due anni sono sposato con una ragazza cinese, dopo quattro anni che eravamo una coppia, di cui due di convivenza. L'ho sposata contro la volontà della mia famiglia che non era assolutamente d’accordo  tanto che i miei non sono venuti al nostro matrimonio e neppure i suoi all’inizio erano poi così contenti anche se in poco tempo hanno accettato la cosa.
I miei mi facevano notare  le usanze diverse, il modo di amare differente le abitudini opposte e io ho sempre difeso la mia compagna, anzi io l'amavo proprio per le nostre differenze che la rendevano affascinante ai miei occhi. Ma adesso viene il bello mi creda.                       
Dopo il matrimonio i miei si sono ammorbiditi mentre io iniziavo subdolamente a notare i difetti di mia moglie che avevano cercato di farmi vedere in precedenza . Adesso detesto il suo distacco emotivo da alcune situazioni , il suo modo di cucinare , la sua numerosa famiglia sempre in casa, i viaggi in Cina che ogni tanto dobbiamo fare per fare felici i suoi, il suo continuare a non accorgersi che sono cambiato e che facciamo sesso solo perché lei mi viene a cercare e per finire mi vergogno di dire che ho sposato una donna cinese.
Mi sono trovato a d apprezzare in silenzio discorsi di leader razzisti e xenofobi , a ritenermi fortunato perché non abbiamo figli con gli occhi a mandorla insomma cosa mi sta succedendo?  Ora  i miei l'hanno finalmente accettata, perché mi succede questo!? Non capisco più niente e rischio di impazzire se non ne vengo a capo.

 

Anonimo pratese
 

Caro anonimo pratese benvenuto nella rubrica di Psiche Cuore e dintorni.

La lettera che mi scrive tratta di una situazione sempre più diffusa, come conseguenza di una società che sta muovendosi verso la multiculturalità e multietnicità. L'argomento è di vasta portata e a costo di sembrare noiosa, tengo a ripetere che le mie risposte non possono che essere parziali, mirate a stimolare riflessioni.
Caro Anonimo, lei mi scrive di una storia osteggiata dalla sua famiglia di origine, tanto che i suoi genitori non si sono voluti presentare al matrimonio, mi parla di quanto, invece, lei ci abbia creduto e di come il fascino legato alle differenze culturali sia stato motivo di attrazione. Devo dirle, che nonostante l'attenzione sia posta sulla questione "diverse provenienze, diverse abitudini", tutto sommato, il disagio che lei riporta, non è dissimile da quello di altre coppie in difficoltà: la noia per l'invadenza della famiglia cinese, mi richiama la nota questione della suocera mal tollerata, il fastidio per il modo di cucinare di sua moglie fa eco alle situazioni in cui, nella coppia in crisi, anche alcuni piccoli gesti dell'altro, possono divenire qualcosa che ci irrita profondamente. Più che risposte, ho delle domande da porle: quando è iniziata questa insofferenza? E come è cresciuta? Cosa l'ha fatta innamorare di sua moglie? Non può essere stato solo il fascino delle differenze culturali. Quali erano le sue aspettative rispetto a questa relazione? Esiste ancora una progettualità comune?
Lei mi parla di un distacco emotivo di sua moglie, rispetto ad alcune situazioni, che la infastidisce. Ciò che non mi scrive è come la sua attuale compagna di vita stia vivendo questo momento.
 

La capacità di comunicare con l'altro è essenziale in ogni coppia, così come il rispetto dell'altrui interpretazione della realtà, in particolar modo nelle coppie multiculturali. Il  rischio, nei momenti di conflitto, è che si resti fermi sulla propria posizione, che si continui a guardare ad una determinata situazione sempre dalla propria angolazione, senza tenere conto di come l'altra persona stia interpretando la realtà. Un primo passo è proprio rendersi conto della qualità della propria comunicazione: riesco ad essere aperto a un diverso punto di vista? O sono divenuto così sofferente e rigido da non voler nemmeno ipotizzare un'alternativa? Ricordiamoci che mettersi in discussione può essere estremamente difficile, significa porsi nell'ottica di non avere ragione in toto, di scovare sentimenti sgradevoli che vorremmo non appartenerci. Ciò che mi sento di affermare da professionista è che quanto più ci apriamo a ciò che reputiamo scomodo di noi, quanto più è probabile che la situazione si trasformi e giochi in nostro favore.
 

Caro Anonimo, in merito ai suoi apprezzamenti silenziosi dei discorsi dei leader xenofobi, mi domando se ciò non nasconda un suo trasferire la sofferenza che sta provando ad altro, non è insolito quando si è allarmati che scatti dentro di noi il meccanismo della caccia alle streghe, che tanto amiamo perché ci distoglie dal guardare cosa realmente ci sta accadendo dentro. Provi a fare chiarezza sul suo rapporto di coppia, sono abbastanza fiduciosa che la sua xenofobia scomparirà, se lei vorrà esplorare il suo vissuto emotivo, senza raccontarsi frottole, e quando dico fare chiarezza, non intendo affermare che la coppia decollerà nuovamente, potrà succedere o potrà darsi il caso di dover voltare pagina. E anche qui una domanda: è pronto a prendere in considerazione questa eventualità?.
Infine, la solita raccomandazione, se non venite a capo di una situazione, non vergognatevi di chiedere aiuto (ad un professionista), le difficoltà emotive possono aprire a una conoscenza diversa di noi stessi, più profonda, più importante ed è un atto di coraggio mettersi in gioco. La follia ha residenza altrove, dove la mancanza di consapevolezza porta a atti inconsulti e distruttivi, si veda alle voci guerra e sfruttamento.

 

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