ALTRO GIRO ALTRA CORSA !
SENTENZA DI VITTORIA DEI CITTADINI CONTRO LE BANCHE
L’USURAIO BUSSA SEMPRE NEL MOMENTO
DELLA DIFFICOLTA’
ECCO UN ALTRO TRIBUNALE CHE CONFERMA L’USURA COMMESSA DALLE BANCHE ! NELL’ISTANTE DELLA PATTUIZIONE .
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Corte d’Appello di Roma – Sentenza 7 luglio 2016, n. 4323
Usurarietà originaria di mutuo –
Applicabilità della disciplina antiusura nel caso di superamento della soglia nel solo tasso di mora –
Sussistenza –
Conseguenze della pattuizione del tasso di mora in misura superiore alla soglia –
Gratuità integrale del mutuo ai sensi dell’art. 1815, 2° comma, c.c.
Usurarietà originaria di mutuo – Applicabilità della disciplina antiusura nel caso di superamento della soglia nel solo tasso di mora – Sussistenza
Conseguenze della pattuizione del tasso di mora in misura superiore alla soglia – Gratuità integrale del mutuo ai sensi dell’art. 1815, 2° comma, c.c. – Sussistenza
Si torna ad affrontare la spinosa questione dell’usurarietà del contratto di mutuo.
Questa volta ad occuparsene è stata la Corte d’Appello di Roma che, con la sentenza in commento, si è soffermata soprattutto sul tasso di mora.
Entrando nel merito della causa, gli appellanti hanno proposto appello avverso la sentenza di primo grado con cui il Tribunale, nel giudicare sull’opposizione ad un decreto ingiuntivo, emesso su istanza della Banca per il pagamento della somma di € 20.758,53 oltre interessi a decorrere dal 1.05.2004, in forza del contratto di finanziamento chirografario stipulato in data 26.10.2000 e risolto a causa dell’inadempimento della parte mutuataria, aveva accertato l’usurarietà degli interessi moratori pattuiti nell’ambito del contratto di finanziamento suddetto ed aveva accertato la nullità della clausola contenuta all’art. 7 del contratto di conto corrente stipulato con la medesima Banca e, per l’effetto, aveva rideterminato in € 13.516.26 il residuo debito a titolo dei ratei scaduti ed insoluti del finanziamento, esclusi gli interessi moratori ed aveva, altresì, detratto la somma, a credito della cliente, di € 1.442,26 per lo scorporo di interessi anatocistici trimestrali non dovuti, in accoglimento dell’eccezione di nullità della relativa clausola, sollevata dagli opponenti, revocando il decreto ingiuntivo e condannando gli opponenti in solido al pagamento all’opposta Banca della somma di € 12.074,73, “oltre interessi ulteriori, al tasso richiesto, convenzionale, dalla domanda giudiziale al saldo”.
Gli appellanti hanno lamentato la violazione degli artt. 1815, comma 2 e 1283 c.c..
Il primo Giudice avrebbe, infatti, contraddittoriamente applicato sul residuo debito, all’esito della compensazione con l’indebito rilevato per anatocismo trimestrale, gli interessi moratori al tasso convenzionale, già dichiarato usurario in violazione della prima norma ed aveva ritenuto applicabile la capitalizzazione annuale, considerata, comunque, una forma di anatocismo illegittimo al pari di quella trimestrale, in violazione della seconda norma sopra citata.
Pertanto, gli appellanti hanno chiesto alla Corte adita di dichiarare che sulle somme effettivamente dovute decorrano interessi al solo tasso legale e di effettuare la compensazione con il credito residuo della Banca senza applicare alcuna capitalizzazione.
Si è costituita la Banca contestando tutte le censure mosse dagli appellanti e proponendo appello incidentale, avverso il capo della sentenza che aveva respinto la sua accezione di inammissibilità delle domande riconvenzionali per difetto di allegazioni probatorie in sede di costituzione in giudizio ed avverso il capo della sentenza in cui il Tribunale aveva accertato la nullità della pattuizione di interessi moratori, in quanto usurari, nell’ambito del contratto di finanziamento, nonché la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi nel contratto di conto corrente.
La causa è stata assunta in decisione all’udienza del 8.01.2016, sulle conclusioni come sopra precisate dalle parti e con concessione dei termini di legge ex art. 190 c.p.c..
Relativamente all’usurarietà dei tassi di interesse previsti nel contratto di finanziamento, la consulenza tecnica, svolta in primo grado, ha evidenziato che mentre il tasso di interesse pattuito per la restituzione della somma era pari al 7,95%, in relazione agli interessi moratori era stato pattuito un tasso dell’11,95%, superiore alla soglia applicabile ai sensi della Legge n. 108/96.
La Banca, dal canto suo, lamenta che nella determinazione del tasso effettivamente applicabile all’operazione e nel raffronto con il tasso soglia trimestralmente rilevato non dovevano essere computati gli interessi moratori, stante l’impossibilità di applicare la disciplina antiusura per diversi motivi: la particolare natura e funzione di tali interessi che li rendono nettamente differenti da quelli corrispettivi; la circostanza che le rilevazioni trimestrali del TEGM ad opera del Ministero dell’Economia per determinare il tasso soglia si riferiscono solo agli interessi corrispettivi e non anche quelli moratori; il rischio di favorire il debitore in maniera ingiustificata solo per essere tale.
La questione dell’assimilabilità degli interessi moratori a quelli corrispettivi ai fini della verifica dell’usurarietà del contratto di mutuo ha sempre costituito un argomento ampiamente dibattuto in giurisprudenza, anche alla luce delle recenti pronunce di merito e di legittimità, assumendo una rilevanza speciale all’interno dei procedimenti instaurati per l’accertamento dell’eventuale superamento della soglia d’usura nei contratti di finanziamento sottoscritti dai clienti degli istituti di credito.
Nonostante la Banca d’Italia si sia pronunciata in maniera sfavorevole circa la comprensione del tasso di mora nel computo del tasso soglia, le sue determinazioni non hanno natura vincolante in questa materia e, dunque, costituiscono solo una metodologia di riferimento per la valutazione dei casi concreti.
In tema di contratto di mutuo, l’art. 1 della Legge n. 108/96, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti devono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che gli interessi moratori, con l’unico limite della non applicabilità ai contratti contenenti tassi usurari stipulati prima della sua entrata in vigore se relativi a rapporti completamente esauriti al momento dell’entrata in vigore della Legge.
Del resto, l’art. 1 del D.L. n. 394/2000 “Interpretazione autentica della Legge n. 108/96 contenente disposizioni in materia di usura”, convertito in Legge n. 24/2001 riconduce alla nozione di interessi usurari quelli convenuti “a qualsiasi titolo”: ciò consente di considerare ricompresi nell’ambito della normativa antiusura anche gli interessi moratori.
Questa, d’altro canto, è la posizione assunta dalla giurisprudenza di legittimità per cui non vi è ragione per escludere l’applicazione della disciplina antiusura anche nelle ipotesi di assunzione dell’obbligazione di corrispondere interessi moratori (Cassazione, sentenza 22 aprile 2000, n. 5286) atteso che “il ritardo colpevole non giustifica di per sé il permanere della validità di un’obbligazione così onerosa e contraria al principio generale posto dalla legge” (nello stesso senso anche le successive sentenze della Cassazione 17 novembre 2000, n. 14899 e 13 giugno 2002, n. 8442).
Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’art. 644 c.p. e dell’art. 1815, comma 2, c.c., si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o, comunque, convenuti a qualunque titolo, quindi anche a titolo di interessi di mora (Cassazione, sentenza 9 gennaio 2013, n. 350).
In conclusione, l’appello principale è stato ritenuto fondato sia con riferimento all’erronea applicazione dell’interesse moratorio convenzionale al saldo determinato dal Tribunale a seguito delle compensazioni effettuate, in quanto l’interesse moratorio, come è stato chiarito, è usurario e, quindi, illegittimo, sia con riferimento alla censura relativa all’illegittima capitalizzazione annuale applicata dal Tribunale.
Consulta il testo integrale -> Corte sentenza-mora-usuraria di Roma – Sentenza 7 luglio 2016, n. 4323
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