Può sembrare un adagio della sapienza popolare.
Se non arrivi al superboss mafioso, metti le mani su chi ne è l’ombra nella gestione di ciò che ha di più importante: i soldi. Metti le mani sul suo arcarius, il suo tesoriere.
E sul tesoriere di Matteo Messina Denaro, il boss dei boss mafiosi dal 2006 (anno della cattura di Bernardo Provenzano, precedente boss dei boss), la Polizia e la Guardia di Finanza di Trapani hanno messo le mani lo scorso 18 luglio, un giorno che potrebbe diventare storico quasi quanto quello di cui rappresenta la vigilia (cioè l’anniversario della strage di via D’Amelio, naturalmente).
In realtà le forze dell’ordine non hanno messo le mani proprio fisicamente su di lui, Giovanni Domenico Scimonelli: bensì sul patrimonio ch egli gestiva per conto del boss, 3 milioni di euro.
Sempre il 18 luglio la Direzione investigativa antimafia di Trapani ha provveduto ad effettuare un altro sequestro di beni: in questo caso, però, ai danni di un imprenditore edile mazarese e del suo nucleo familiare, in particolare del figlio, consigliere comunale a Mazara del Vallo ed ex consigliere provinciale: questi è ritenuto complice del padre nell’attività di trasferimento fraudolento di denaro e altri valori.
L’insieme dei beni oggetto del sequestro ha un valore complessivo che è superiore ai 4 milioni di euro. A far scattare il provvedimento l’accertamento del divario notevolissimo tra il patrimonio effettivamente posseduto e quello ufficialmente dichiarato.