2015 felix.
Che si ricolleghi o meno all’era renziana, da qualunque lato lo si guardi lo scorso anno è stato uno spartiacque importante rispetto al “biennio medievale” 2013-14, conseguenza del lungo autunno montiano 2011-12. Spartiacque in positivo, sostanzialmente.
Lo ribadisce gongolando, e per l’ennesima volta, l’Istat, rilevando, come l’afflusso di contanti in un registratore di cassa, i dati relativi alla crescita della spesa media delle famiglie. Spesa che arriva a 2499 euro al mese, cioè a dire +0,4% rispetto al 2014 e +1,1% rispetto al 2013.
“Timidi segnali di ripresa”, dice l’istituto di via Cesare Balbo. Ma se uniti ad altri segnali consimili, si possono facilmente ottenere delle tracce più incoraggianti.
Andiamo un po’ sui grafici. Si registra una battuta d’arresto nella tendenza ribassista del consumo di carne, tendenza in atto dal 2011 della tempesta dello spread italico e della caduta del governo Berlusconi. In generale, cresce dell’1, 2% la spesa alimentare, e visto che non si vive di solo pane ma di tutto ciò che il pane (e il companatico) ci dà l’energia di fare, è bene rimarcare (e festeggiare) anche un bel +4,1% della spesa relativa a beni e servizi ricreativi (un terreno vastissimo, che va dai viaggi ai generi di diletto: l’utilità dell’inutile, come cartina al tornasole di tempi economicamente più sorridenti).
La Calabria è la regione con la spesa media mensile più bassa, inferiore di 1300 euro rispetto alla Lombardia, che è invece la regione più spendereccia.