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Prince, gli ultimi mesi di vita

Travagliati da varie malattie

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Rimarrà un mistero.

Come quello che, a distanza di tanto tempo, aleggia ancora intorno alle morti di Robin Williams o di Marco Pantani. Che cosa ha determinato realmente il decesso di Prince Rogers Nelson, grande protagonista della musica pop dagli anni ’80 fino ad oggi (anche se in maniera sempre  più rarefatta ed evanescente)?

Il 21 aprile scorso un intero popolo di fans è rimasto orfano di una stella polare: un popolo che vuole la verità, o almeno qualche elemento in grado di fare maggior chiarezza. (Pur condividendone il dolore, essi invidiano i fans di David Bowie, altro morto illustre di questo 2016, o quelli di  Michael jackson, lo storico rivale di Prince degli anni d’oro, perché sanno che sulla morte dei loro idoli c’è comunque una maggiore certezza: per Bowie la colpa è stata di un cancro al fegato, per Jackson di un arresto cardiaco.) 

Nei giorni immediatamente successivi al decesso si erano fatte, com’è consuetudine, varie ipotesi, che avevano spaziato dall’abuso di oppiacei – la tesi più gettonata – fino all’aggravarsi improvviso di una vecchia infezione da HIV. Adesso, al fine di dare un ulteriore contributo, si fa avanti Ray Roberts, un cuoco che è stato alle dipendenze della star negli ultimi tre anni.

La testimonianza di Roberts riporta l’epilogo della parabola terrena del “folletto di Minneapolis” sul terreno “organico” dei problemi laringo-tracheali e di digestione, acutizzatisi in modo sempre più inesorabile dall’inizio dell’anno in corso.  Il cuoco sembra escludere che l’artista fosse sotto l’effetto di droghe – almeno, così lascia intendere, non ne consumava in misura abnorme o devastante –, ma questo non garantiva certo che avesse una forma smagliante: negli ultimi tre mesi, anzi, appariva sempre più stanco, provato, inappetente anche perché impossibilitato di alimentarsi con cibi solidi. E i suoi pasti consistevano esclusivamente in frullati o succhi di frutta

Non era più lui”, afferma Roberts; così, tra una sorsata data di malavoglia attraverso una cannuccia e un rantolo di dolore emesso raschiandosi la gola o palpandosi il ventre, il “Principe” nero della musica lasciava spegnere il suo astro.       

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