Trovare un lavoro, in Italia.
Una chimera per tanti italiani, una speranza forte per i tanti stranieri, i tanti profughi, che le circostanze (quasi sempre avverse) della vita personale, intrecciate con quelle della storia politica dei Paesi d’origine, finiscono per sospingere verso i nostri lidi. Ma in realtà anche una motivazione robusta per abbandonare il suolo natio e volere (fortissimamente) approdare in mezzo a noi.
L’Istat, una volta ancora, parla chiaro: in effetti, stando ai dati relativi al secondo trimestre del 2014, il 57% degli stranieri ha scommesso nel Belpaese proprio come agenzia di collocamento. Che sia stata scommessa vinta o perduta, poi, questo non è dato saperlo. Ma è un fatto che una certa fetta di mercato del lavoro risulta ormai saldamente monopolizzata proprio dagli immigrati; e inoltre, calcola l’Istituto di Statistica, “la stima complessiva degli occupati stranieri risulta essere (per il segmento temporale preso in esame, com’è ovvio, ndr) di 2 milioni e 310 mila”.
C’è poi una quota pari al 39%, rappresentata per la maggior parte da donne, per la quale la molla principale dell’atto migratorio si può individuare in motivi di tipo familiare (ricongiungimento con parenti o mariti o figli emigrati in precedenza).
Sul piano demografico, i dati relativi al periodo aprile-giugno di due anni fa parlano di un 8,6% degli stranieri stabilmente residenti in Italia che hanno tra i 15 e i 74 anni.