L’Unione Europea, così come l’abbiamo conosciuta, non è mai realmente esistita almeno, non nella forma autentica e profonda che molti avevano sognato. Un’unione di popoli, economie, culture e territori che avrebbero dovuto fondersi in una visione condivisa, in una grande identità continentale. Invece, ciò che abbiamo davanti è un organismo burocratico, spesso frammentato, appesantito da vincoli economici, interessi nazionali e logiche di potere che impediscono una vera integrazione. Ma oggi, più che mai, il tempo impone una svolta radicale. Non una semplice riforma, ma una vera rifondazione: una Grande Europa.
L’idea è chiara, eliminare ogni frontiera interna, aprire i confini e allargare la prospettiva fino a includere l’intero continente europeo, Russia compresa. Una Grande Europa in cui le persone, le merci, l’arte, la cultura e le idee possano circolare liberamente, senza ostacoli burocratici né doganali; dove Mosca, Berlino, Parigi, Roma, Madrid e Lisbona siano parte di un unico spazio dinamico, libero e coeso. Un’unione di questo tipo andrebbe ben oltre l’attuale configurazione dell’UE; non si tratterebbe più di una somma di stati aderenti a un patto economico, ma di un organismo vivo, culturale, sociale ed economico, che riconosce e rispetta le identità nazionali, ma le supera in nome di una visione geopolitica comune. Uno dei passi fondamentali verso questa Grande Europa deve essere l’abolizione di ogni vincolo industriale e commerciale interno; basta con i protezionismi nascosti, le regolamentazioni disomogenee, le barriere tariffarie tra est, ovest, nord e sud. È il momento che i leader europei si siedano a un tavolo diplomatico serio, realistico, ed aprano una nuova fase storica: un patto continentale di cooperazione totale. Questa nuova Europa non significa uniformità culturale o perdita di sovranità storica; ogni nazione manterrà la propria lingua, la propria memoria, le proprie tradizioni; ma le identità non saranno più brandite come armi di divisione, bensì come ricchezze condivise all’interno di un disegno comune. In un mondo dominato dalla crescente competizione tra Cina e Stati Uniti, l’Europa rischia di diventare sempre più marginale. Divisi, gli stati europei non hanno né il peso economico né la capacità geopolitica per confrontarsi con i colossi globali; unendo invece le forze in un grande spazio continentale, si darebbe vita a un terzo polo capace di esercitare influenza, dettare regole e difendere i propri interessi. La Grande Europa non sarebbe solo una risposta economica, sarebbe una visione politica, culturale, strategica; un nuovo umanesimo continentale, fondato sulla cooperazione anziché sulla concorrenza interna. Un luogo dove l’arte e la scienza possano fiorire senza limiti, dove le nuove generazioni possano crescere con un senso di appartenenza che travalichi i confini tradizionali.
Certo, molti bollerebbero questa idea come utopica, ingenua, impossibile; ma ogni grande trasformazione storica è nata proprio da visioni considerate inattuabili. L’Europa, nella sua forma attuale, sta mostrando crepe sempre più profonde. Forse è il momento di abbandonare i compromessi sterili e immaginare una vera, nuova unione, non costruita su trattati tecnocratici, ma su una visione profonda e lungimirante del futuro. Aprire le frontiere, abbattere i muri, ricostruire un continente senza confini, solo così potrà nascere la Grande Europa. Note di geopolitica del Prof. Mario Carchini, docente dell'Accademia Statale di Belle Arti di Carrara.