(Angelo Antonucci) Deleuze fonda la sua ricerca su due concetti precisi : il movimento e il tempo. “L’immagine-tempo” è il secondo volume dedicato al cinema e va a collocarsi nella dimensione opposta ad “Immagine-Movimento”.Deleuze ricapitola immagini e segni in funzione dell’immagine-tempo: adesso è il movimento a dipendere dal tempo e non viceversa. Deleuze segue un ordine cronologico e va ad analizzare il cinema moderno, che rompe lo schema dell’immagine-movimento a favore di una fluidità del linguaggio cinematografico. Cambia il senso del montaggio, che mostra allo spettatore un tempo liquido, molto più realistico, inteso come successione di istanti.Non esiste più quel circolo che rimandava dal piano al montaggio (e viceversa) ma il montaggio è già nell’immagine. Montaggio e piano divengono un tutt’uno identificandosi: ricordiamo l’introduzione,nel cinema moderno, del piano sequenza e gli sperimentalismi di Welles, Resnais, Godard etc.. Come in “Immagine-movimento”, Deleuze rimanda a numerosissimi film, scene, piani, e mantiene come punto di partenza Bergson superando la sua distinzione tra tempo e durata attraverso la rottura della circolarità della durata che, a questo punto, non possiede più consistenza.Tanti sono gli argomenti trattati da Deleuze, dal flashback al virtuale, e “L’immagine-tempo” è un’opera filosofica complessa e importante perché va a fondo, adoperando nel giusto verso lasemiologia e la linguistica per parlare del linguaggio cinematografico. É un testo che spazia dalla filosofia alla linguistica, dal cinema alla semiologia, dalla pragmatica all’estetica, Deleuze cerca dicondensare tutti i saperi in un unico concetto: l’immagine diviene libera e contemporaneamente complessa attraverso il tempo, non più attraverso il movimento, già insito in se stessa. L’images-temps prosegue il pensiero che ha avuto una prima gestazione nel precedente volume di Deleuze sul cinema, anzi da’ una ridefinizione dello stesso. La teoria per lui non si fonda sul cinema ma sui concetti da questo suscitati. I grandi autori sono come i pittori o i musicisti: parlano meglio di altri di quel che fanno, tramutandosi così in filosofi. Secondo Deleuze sono proprio i concetti del cinema e non le teorie a creare l'unicità della settima arte ed è per questo che non bisogna chiedersi "che cos'è il cinema", ma "che cos'è la filosofia".