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Vicentino Michetti inaugurazione Mostra ex Aurum

Dopo venti anni le opere trovano finalmente una giusta collocazione.

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Finalmente dopo anni di diatribe tra le eredi di Vicentino Michetti e il Comune di Pescara, le opere di un grande artista pescarese trovano una giusta collocazione. Per molti anni le statue e le sculture sono state dislocate nelle aiuole di Via Carducci e nel Museo Vittoria Colonna di Pescara.
La cosa peggiore che poteva capitare a queste opere si è avverata con l’incuria di chi le doveva proteggere e l’inciviltà delle persone che hanno “adornato”, quelle presenti tra le aiuole, di scritte di dubbio gusto che non poco hanno messo alla prova chi le ha pulite prima di esporle nella sala dell’ex Aurum, posta al secondo piano che, dal 28 luglio, sarà intestata a Vicentino Michetti.
Quest’uomo è stato un vero genio così come tanti italiani che hanno saputo fare cose indescrivibili, solo con la loro menti, trasformando pensieri in opere che ci hanno tramandato troppo spesso in silenzio.
Vicentino Michetti nacque a Calascio, il 16 febbraio 1909 e visse come a Pescara fino al 18 maggio 1997 quando morì.
Vicentino, componente di una famiglia numerosa, era figlio di un costruttore edile e come lui stesso diceva che aveva fatto “tre volte la terza elementare per imparare meglio” e a nulla valsero i consigli dei genitori per farlo studiare, lui volle subito lavorare. Un uomo quindi senza un’istruzione ufficiale, ma ricco di una competenza che travalica ogni laurea ed ogni master.
Il 28 luglio, dunque, si potranno ammirare quasi tutte le sue opere, manca la famosa Grazia, la marinara che ancora è nell’Aula Consiliare del Comune di Pescara. Grazia è un’opera di straordinaria bellezza che trasmette a chi la guarda tutto il carattere di questa strana donna della marina che veniva temuta da molti, soprattutto bambini, per il suo fisico possente e il suo sguardo severo.
Così come Grazia mostra il suo carattere arcigno, La bambina con il nido mostra la grazia ed il movimento e la dolcezza di uno sguardo che solo una bambina sa dare guardando un piccolo animale.
Proprio quest’opera fu premiata con il primo premio alla mostra di Roma nel 1947 e poi ancora altri premi nelle mostre tenute a Parigi alla Galleria Berrnheim- Jiuene, ma l’Artista non volle mai ritirare i premi in danaro, anche avendo una grossa necessità economica, perché diceva che la sua arte gli era stata dalla natura e non poteva essere né venduta né pagata e lui doveva darla agli altri perché potessero ammirarla e goderne.
Infatti, proprio per soddisfare questa idea, tutto il patrimonio artistico fu donato, alla sua morte, al Comune di Pescara, ma, purtroppo, troppi sono gli anni sono trascorsi nell’incuria più totale che di fatto ha interrotto la memoria storica facendo diventare un estraneo, uno sconosciuto questo grande personaggio. Non tutti sanno della stele, che svetta alla pineta nell’area del teatro all’aperto o il famoso elefante, che tanto piace ai bambini e ai turisti, dove fanno numerose foto, sono opere di Vicentino Michetti.
Tanti gli edifici costruiti nella città, ma molto spesso il nome di Vicentino Michetti si confonde con il giustamente famoso personaggio abruzzese con lo stesso cognome.
A parlare di Vicentino la figlia Laila che negli anni ha lottato tanto per dare una giusta collocazione e merito alle opere del padre.
Laila è una delle quattro figlie di Vicentino ed è stata quella che lo ha accompagnato negli ultimi giorni della sua vita e che ha raccolto le sue ultime parole
La mostra è stata allestita dall’Architetto Antonio Michetti nipote di Vicentino, e molto importante è stato l’interesse del Vice Sindaco Antonio Blasioli e dell’assessore Giovanni Di Iacovo che hanno portato a termine e concluso la ventennale diatriba con il Comune.
Laila, figlia di Vicentino, ha fortemente voluto che le opere del padre avessero una degna collocazione per soddisfare il mandato che il padre stesso le diede prima di morire.
                        Laila adesso finalmente le statue sono qui e il 28 si inaugurerà la mostra, ma parlami di tuo padre come figlia
     “Ho conosciuto mio padre quando avevo già tre anni. Siamo cresciute nell’idolatria del padre, signore in tutto. Ci sentivamo protette, orgogliose eppure non avevamo nulla, dopo la guerra papà era tornato ferito alle gambe e siccome non c’era la possibilità di operarlo per amputargli le gambe, l’hanno rimandato, per fortuna, a casa tutto ferito. Mamma consumò tutte le lenzuola per fasciare le ferite e guarirlo.
Non conoscevo il significato di papà, ricordo che ero nel cortile della mia casa, in via Malta, oggi via Ravenna, e un americano mi dette un caramella. Io ero intimidita, mi avvicinai piano piano a mio padre e gli misi la caramella in mano. Ho conosciuto finalmente papà. Lui si chiudeva nello studio di palazzo Verrocchio (oggi Hotel Esplanade) e noi bambine non potevano dire nulla. Alfredo Marà fratello di mia madre ci aiutava e ci seguiva. Eravamo poveri, poi sono cominciati ad arrivare i soldi. Papà aveva seguito le orme del padre e aveva costituito un’impresa edile. Mio nonno aveva costruito molto a Pescara compreso la casa Liberty di via Umbria ed il famoso teatro Pomponi e la Fiera Campionaria, amava decorare con gli stucchi le facciate. Mio padre aveva un’adorazione per il padre e amava quelle decorazioni che faceva e che gli erano entrate nel DNA
Mio padre partecipò e vinse il primo premio ad un concorso nazionale nel 1946, ma non volle accettare il danaro che andò al secondo classificato.
Lui non si fatto mai un vanto del il merito diceva:” che la natura gli aveva dato la capacità artistica in modo gratuito ed io gratuitamente lo ridò” non aveva mai fatto l’artista per vendere le opere.
Faceva solo su ispirazione, ho ancora le fatture della fonderia, ma non prese il premio; la statua, la bambina con il cardellino, è stata prima al Museo d’arte Moderna ed oggi è esposta al tribunale di Roma. Il limite all’arte di papà è stato la provincialità di Pescara. Papà era innamorato di Pescara. Ha organizzato mostre prestigiose completamente a sue spese. Prendeva una galleria in affitto ed organizzava una mostra per le proprie opere.
L’ultima mostra che ha fatto a Spoleto al Festival dei due Monti spese 7 milioni di lire, e a Campo Imperatore fece il memoriale per i caduti in marmo tutto a sue spese.
Guadagnava solo con l’impresa di costruzioni e con la fabbrica di prefabbricati.
Colle del telegrafo, 4 ettari di terreno panoramico, era il suo vero sogno. Voleva costruire, ma ha combattuto per mantenerne la proprietà contro l’esproprio e in seguito per i vincoli ambientalisti, infine, da poco è stato espropriato dal Comune di Pescara per una somma irrisoria.
Una grossa delusione per il colle e una delusione per la sua statua forse più bella, Grazia la Marinara, che doveva essere messa dove adesso c’è la Nave di Cascella a Largo Mediterraneo.
L’ultima mostra fatta fu nel 1996 poco prima di morire”.
                    Com’erano i rapporti con la moglie?
     “Papà era a volte sadico, ma la moglie si ribellava, e dopo una lite arrivavano i mazzi di fiori. Allora anche se non avevamo niente e anche se avevo solo un vestito rimediato mi sentivo milionaria.
Mio padre faceva tutto in grande ed era un generoso vendeva la case anche senza garanzie pur di aiutare le persone”.
Oggi che c’è questa mostra come ti senti
“Come quando ero bambina, quando desiderava la bicicletta e un giorno papà me la regalò, ma io, che l’avevo desiderata tanto, non ero più interessata: non avevo più il desiderio. La cosa che rimprovero a tutti, ed in particolare agli amministratori e i politici, che hanno interrotto la memoria, molte persone anche di 30 40 anni non sanno più chi è Vicentino Michetti. Quando c’è l’interruzione della memoria è difficile fare ricordare chi ha fatto tanto”.

È difficile riprendere i fili di una trama spezzata, ma la mostra sarà sicuramente il nuovo telaio su cui tessere la memoria ed il ricordo di Vicentino Michetti per trasmetterlo a chi non lo ha mai conosciuto.

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