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Intervista alla pittrice Camilla Sharon Chiusi

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Camilla Sharon Chiusi, classe 1994, è una giovane pittrice udinese, formatasi presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia. Tra le sue recenti collaborazioni ricordo con gratitudine il quadro di copertina al mio terzo libro, di imminente uscita (Le guerre nascoste dalla Bibbia. La confederazione dei Nove Archi, Eterne Verità, 2017), che riproduce un bronzetto sardi (guerriero filisteo).
Pagina Facebook dell'artista: https://www.facebook.com/Sehelijen/

Andrea Di Lenardo: Cosa puoi dirci della tua formazione, del tuo percorso di studi?
Camilla Sharon Chiusi: Ho conseguito il diploma all'Istituto Statale d'Arte “Giovanni Sello” di Udine. La mia vita vorrei si incentrasse sulla realizzazione di opere pittoriche; per questo infatti ho intrapreso un percorso di studi all'Accademia di Belle Arti di Venezia, che porterò a termine in breve tempo.

A.D.L.: Come valuti il contributo di questo percorso?
C.S.C.: Sicuramente l'ambiente accademico ha influito sulle mie ricerche artistiche permettendomi di conoscere alcune persone che hanno avuto poi un ruolo chiave per l'evoluzione di tutto ciò che posso definire il mio senso estetico. Parlo di un percorso che iniziai sin da bambina, e che tuttora si sviluppa grazie a influenze esterne di qualsiasi tipo.

A.D.L.: Di cosa ti occupi in particolare nella pittura?
C.S.C.: Inizialmente mi sono dedicata molto al disegno a matita, carboncino e china. Attualmente dipingo per lo più a olio. 

A.D.L.: Come ti vedi?, definibile in una corrente oppure in una amalgama di più correnti?
C.S.C.: Mi risulta difficile definirmi all'interno di un qualsivoglia genere pittorico, e, d'altra parte, non è di mio interesse farlo.

A.D.L.: Come mai?
C.S.C.: Avere un occhio oggettivo rispetto il proprio stile sarebbe sintomo del superamento dello stesso. Uscendo da se stessi si scompare. Ciò di cui posso parlare è altro: posso dire che il mio modo di esprimermi si avvicini a una espressione figurativa, simbolica o ermetica del reale, e che esso trovi relativamente e storicamente un correlativo in tutta una serie di correnti pittoriche le quali hanno dedicato la propria ricerca artistica a un aspetto più nascosto del conosciuto.

A.D.L.: Quali artisti o altre opere in particolare ti hanno influenzato?
C.S.C.: Francis Bacon, Zdzislaw Beksinski, William Blake, Vincent van Gogh, Agostino Arrivabene, Michelangelo Merisi da Caravaggio e gli studi fisiognomici di Leonardo da Vinci.

A.D.L.: Perché dipingi?
C.S.C.: Perché è la cosa che naturalmente sono portata a fare: è il mezzo espressivo con cui ho più complicità.

A.D.L.: Raccontati.
C.S.C:: Ricordo che quando ero bambina disegnavo sempre, in qualsiasi momento del giorno e ovunque mi trovassi. Immaginavo che la mia strada sarebbe stata quella in qualche modo.

A.D.L.: Non ne hai mai dubitato?
C.S.C.: No, anche se avessi scelto un'altra strada mi sarei ritrovata ad avere a che fare con la pittura.  Non nego che il mio rapporto con essa sia tormentato, ma non perché io dubiti della mia dedizione a questa forma d'arte: piuttosto direi che essa è uno specchio della propria modalità di relazionarsi con le cose e in generale, di se stessi.

A.D.L.: Per utilizzare le categorie nietzscheane impiegate nei suoi inizi come filologo classica, come ho scritto nella praefatio del mio primo libro (Israeliti e Hyksos. Ipotesi sul II Periodo Intermedio d'Egitto e la sua cronologia, Kimerik, 2017), la spinta è dionisiaca, la spiegazione a posteriori apollinea. Cosa rappresentano i tuoi quadri, cosa raffigurano?
C.S.: Come indica la parola stessa “imago”, poi “immagine”, cerco di rendere visibile ciò che è assente. Anticamente l'imago era per l'appunto una maschera funebre. Mi dedico molto all'assente, al peso del vuoto, quella pesantezza di Carlo Raimondo Michelstaedter (approssimativamente nostro conterraneo, nato a morto a Gorizia) che ho sperimentato parecchio nella mia vita. Rendere visibile l'assente per me è rendere visibile la memoria, spesso di quei pensieri di cui parli solo con te stessa perché solo nel pensiero si riescono a raccontare.
Eppure molto spesso le persone mi fanno notare che penso per immagini, e credo sia questo genere d'immaginazione a riportarmi sempre all'arte pittorica. Cosa significano i miei quadri? Cosa significano i sogni? Carl Gustav Jung darebbe la stessa risposta a queste domande. Essi sono il risultato espressivo più chiaro per indicare qualcosa che altrimenti sarebbe inesprimibile.

A.D.L.: Quest'impossibilità di ars interpretandi, di ermeneutica, ti ricorda qualche altro artista di qualunque ambito?
C.S.C.: Pina Bausch. Ella aveva la necessità di comunicare delle sensazioni tramite un linguaggio corporeo. Dopo la sua morte venne chiesto ai suoi ballerini cosa provassero per la sua morte e loro riposero ballando.
Un altro mezzo espressivo a me caro è quello poetico. Ho sempre letto quei poeti che portano a comprendere un determinato grado di realtà, senza renderla per questo esplicita.

A.D.L.: Quali?
C.S.C.: Posso parlarti dei miei pittori preferiti ma non dei miei poeti preferiti. Ovviamente perché la poesia è la forma più vicina al pensiero interiore.

A.D.L.: Prima di salutarci, concludo chiedendoti che cosa provi quando dipingi.
Quando dipingo percepisco la realtà indirettamente: essa è mediata dalla tela e dalla mia immersione nell'atto del dipingere. Provo sempre silenzio, perché in quei momenti parla qualcos'altro. Grazie.

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