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Mario Monicelli, una vita per il cinema (parte terza)

Per il grande regista la commedia è stata un mezzo per raccontare costume e società del nostro paese

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Dopo altre grandi prove registiche si arriva nel 1966 ad un altro caposaldo del cinema italiano: "L'armata Brancaleone". Monicelli torna a dirigere il grande Vittorio Gassman, trasportando il suo modo di fare commedia e cinema in un epoca non più contemporanea, ma spostando il contesto storico all'epoca medioevale, rispettandone il dovuto linguaggio attraverso l'espressività vocale e corporea del suo grande protagonista. Chi non ricorda il famosissimo ritornello:"Branca, Branca, Branca, Leon, Leon, Leon...?"

Il medioevo rappresentato del maestro esula da qualunque altra rappresentazione storica medioevale iconica dove l'aspetto cavalleresco era sempre stato concepito come mito letterario. Nonostante questo però il film è comunque fedele al periodo culturale,dove la rappresentazione dell'insieme è gestita in maniera esemplare da un uso dei costumi appropriato al contesto storico narrato,la scenografia e il lessico della sceneggiatura è sempre ben curata e nel complesso tutto è riconducibile e credibile. Peste,morte,religione,potere,fede,peccato,eros e gesta cavalleresche non mancano. Brancaleone si muove in maniera leggiadra e convinta,riempendo tutti gli spazi e bucando lo schermo in sala. Il film si completerà in un dovuto dittico con un sequel nel 1970 con:"Brancaleone alle crociate"dove al fianco di Gassman si affiancheranno altri importanti e bravi attori come:Paolo Villaggio,Lino Toffolo,Stefania Sandrelli, Gigi Proietti,Adolfo Celi;il secondo capitolo si fa ricordare per i vari incontri di Brancaleone con la morte,rappresentata nella sua visione classica di scheletro vestito di una lunga tonaca nera impugnando una falce. Il duetto tra Brancaleone e la morte può essere anche vista come un accostamento non cosi improbabile e quindi più come omaggio,al raffronto nella famosa partita a scacchi tra Antonius Block(Max von Sydow) e la Morte(Bengt Ekerot) nel capolavoro senza tempo di Ingmar Bergman:"Il settimo sigillo". Brancaleone alla fine sfuggirà al tributo dovuto alla morte,grazie all'aiuto,della strega-Sandrelli che donerà la propria vita,con un gesto di infinito amore,per salvare quella del prode cavaliere.

Nel dittico di Brancaleone,Monicelli reinventa il cinema,attribuendo alla sua commedia,un contesto storico diverso,avvalendosi di elementi gotici e surreali per far trapelare dai suoi soggetti aspetti teologici che risulteranno di elevata caratura. Dopo un lungo sodalizio con Totò,l'inizio di quello con Sordi,quello prolifico e acclamato con Gassman,Monicelli ne inizierà uno nuovo con Tognazzi con il quale girerà diversi film tra cui:"Vogliamo i colonnelli","Romanzo popolare","Amici miei","Amici miei atto II","Bertoldo,Bertoldino e Cacasenno". Anche questo connubio artistico è entrato di diritto,nell'antologia del cinema italiano;le prove dell'attore con il maestro sono esemplari,passando dalla commedia grottesca allo sberleffo dell'ideologia militare di"Vogliamo i colonnelli"e ancora,poi, il bellissimo "Romanzo popolare",spaccato generazionale lucido e autentico dell'Italia degli anni settanta, sulle diversità delle classi sociali,sul contrasto delle realtà meridionali e nordiche fuse nel mondo operaio,sull'emancipazione della donna, interpretata da una bravissima Ornella Muti, e sul dramma della gelosia del personaggio Giulio Basletti, un Ugo Tognazzi che proprio non ce la può fare ad essere moderno e al passo con i tempi.

 

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