La Fondazione Edoardo Tiboni per la cultura e l’Istituto nazionale di Studi crociani di Pescara hanno partecipato, in comunione ideale con l'Istituto italiano di Studi storici, con la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce e con il Comune di Pescasseroli, alla commemorazione di Benedetto Croce nel Centocinquantesimo della sua nascita, tenutasi giovedì 25 febbraio a Pescasseroli.
L’Istituto di Studi crociani di Pescara, in riferimento a questa importante ricorrenza, ha molto opportunamente organizzato, lo stesso giovedì 25 febbraio alle ore 18,00 presso il Mediamuseum di Pescara, e svolto la conferenza "Croce e la Grande Guerra". Al dibattito, introdotto e moderato dal prof. Marco Presutti, hanno preso parte lo storico Raffaele Colapietra, che ha articolato una magistrale relazione sull’argomento, Enzo Fimiani, direttore della Biblioteca Provinciale di Pescara, e Stefano Trinchese, direttore del Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze sociali dell'Università di Chieti.
Prima di sintetizzare i contenuti dell’incontro, torna utile fare qualche cenno al riguardo dell’Istituto di Studi crociani. Costituitosi nel 1991 per iniziativa di Edoardo Tiboni, con sedi in Pescara e Sulmona, esso si propone l'approfondimento e l'aggiornamento degli studi sull'opera di Benedetto Croce, sulla sua produzione storiografica e di critica letteraria. Presieduto dal 1994 da Mario Sansone, fino alla sua morte, e diretto per molti anni da Giuseppe Papponetti, l’Istituto si è avvalso delle collaborazioni di accademici illustri e di insigni studiosi, ha pubblicato la «Rassegna di studi crociani» ed ha organizzato numerosi convegni di studio. Nel 1994 l'Istituto ha fondato il Premio nazionale Benedetto Croce per la saggistica, conferito nel corso degli anni a Corrado Ocone, Alberto Bertoni, Andrea Giardina, Pier Vincenzo Mengaldo, Piero Bevilacqua, Francesco Ghedini, Vitilio Masiello, Mimmo Franzinelli, Stefano Verdino, Franco Cardini e Luciano Canfora. Nel corso dell'annualità 2016 l'Istituto crociano ha in programma nuove iniziative collegate a questo Centocinquantesimo, privilegiando i rapporti di Croce con la cultura abruzzese.
Questa serata celebrativa del grande pensatore nativo dell’Abruzzo può dirsi sobria, quasi minimalista, compiuta tra due centri abruzzesi, Pescasseroli e Pescara (Mediamuseum). Un incontro avvenuto nel segno di un percorso non estemporaneo, piuttosto scientifico e culturale, portato avanti da anni, che non si vuol interrompere o vanificare, bensì proseguire mediante nuove iniziative sulle vicende e sul pensiero crociano. Raffaele Colapietra esordisce da una data, quella del 25 settembre 1913, in cui morì Angelina Sabatelli, la donna che per vent’anni restò legata a Benedetto: l’evento luttuoso, improvviso e inatteso, accaduto in quel di Raiano, fu per lui dolorosissimo. Nel gennaio 1910 Croce, quarantaquattrenne, poté sedere al Senato del Regno d’Italia.
Già nel 1908 aveva completato di esporre il proprio pensiero filosofico nella “Filosofia della pratica”, che consta di quattro sezioni: l’etica, l’economica, l’estetica e la logica; e cioè la “filosofia delle quattro parole”, come fu definita un po’ grossolanamente. In questo contesto speculativo si trova inserito Giovanni Amendola, giovane filosofo, che eserciterà il giornalismo e sarà un brillante uomo politico, il quale scrisse che “per la prima volta nella storia d’Italia la leadership culturale della Nazione era stata assunta da un filosofo”, come lo era stato Hegel in Prussia, Cartesio in Francia e Locke in Inghilterra nel Sei-Settecento. Tra i senatori Croce era stato ammesso non perché uomo illustre, né per chiara fama e tantomeno perché filosofo, ma perché grande proprietario terriero, cioè per censo. Insieme a lui entrarono nell’assemblea vitalizia due grandi corregionali, e cioè Filomusi Guelfi di Tocco da Casauria, valente filosofo del diritto, e il meno noto ma benemerito dermatologo Tommaso De Amicis di Alfedena.
Croce dal 1910 al 1914 si dedicò programmaticamente ad un’attività pedagogica, rivolse il proprio pensiero aristocratico a quella gioventù che stava per entrare nella guerra di Libia e che poi farà la Grande Guerra, scrivendo sia nella sua rivista bimestrale “La Critica”, e sia nella “Voce” di Giuseppe Prezzolini a Firenze e ne “L’Unità” di Gaetano Salvemini a Roma. Si tratta in tutti e tre i casi di pubblicazioni indipendenti, riformiste e progressiste, come si solevano dire allora. Croce fa interventi critici, “in primis” su Giosuè Carducci, che rappresenterà nella rievocazione ottocentesca uno dei membri della “trilogia” o “triumvirato” del Risorgimento, accanto a Francesco De Sanctis e a Silvio Spaventa. Di Carducci loda la politica dell’educazione, fondata sulla morale, della missione dell’uomo sulla terra, esaltandone la vita rustica di campagna, il lavoro agricolo, l’ammaestramento che viene dai campi, che certo non si concilia con l’industrialismo che si andava sviluppando nell’Italia giolittiana, che stava assumendo una certa dimensione internazionale. Croce prova, peraltro, come il socialismo sia stato contaminato dalla massoneria, dal semplicismo e dall’astrattismo della Rivoluzione francese, contro cui tutto il Risorgimento italiano è insorto, ribellandosi anche al cosmopolitismo “da cui bisogna liberarsi come dal colera” – dice Croce con proverbiale schiettezza. Croce scrive (in “Morte del socialismo”, febbraio 1911) che il socialismo è utopistico, egualitario, che Marx nel 1848 ha esaltato un fenomeno rivoluzionario da sogno. Parole d’ordine per Croce sono: il Re, la Patria, la Chiesa, la Nazione, l’Umanità, la Famiglia, la religione dell’Eterno, le cose sacre che si contrappongono alle cose materiali: le industrie, la colonizzazione, l’emigrazione, l’alfabetizzazione e il suffragio universale, rispetto al quale esalta il ruolo dell’aristocrazia (uomini saggi) contro il materialismo, il mondo economizzato e l’astrattismo politico.
La Grande Guerra fu come una “catastrofe tellurica improvvisa e misteriosa” per i grandi spiriti europei. Nel settembre 1914 nacque una grande associazione patriottica “Italia Nostra”, per far valere gli interessi degli italiani sui belligeranti soprattutto tedeschi. A capeggiare la riscossa ci fu un nostro corregionale di Casalincontrada, Cesare de Lollis, il quale, seppur sessantenne, si fece volontario per combattere la guerra; di questa egli lasciò mirabili taccuini e memorie. Accanto a lui, Salvatorelli, De Sanctis, Cesare Pascarella ed altri. Tutti uomini lodevoli, uniti in milizia per difendere la patria, per la “santa difesa” dalle aggressioni straniere.
Croce ha “orrore per la guerra, ammirazione per la verità, soddisfazione per la neutralità voluta dal governo Salandra”. Un tempo egli aveva “palpitato” per un socialismo parlamentare alla Marx (quello del ’48, non della Rivoluzione) e poi per un socialismo sindacalista del movimento operaio. E scrive: “Ho sperato dall’uno e dall’altro una rigenerazione della presente vita operaia ma ho visto dileguare il mio ideale di lavoro e di giustizia, mi si è accesa la speranza di un movimento proletario inquadrato e risoluto nella tradizione storica, di un socialismo di stato e nazionale e penso che quello che non faranno i demagoghi di Francia, Inghilterra e Italia, lo faranno quelli della Germania, che per l’avvenire faranno gli interessi di classe del proletariato”.
Dunque, guerra come annientamento dell’individualità, inutile dissanguamento causato da lunghe battaglie in tutt’Europa, che vorrebbe liberarsi da questa “maledizione”. Nel luglio 1917 si riunisce la Internazionale massonica a Parigi e delibera sul futuro della guerra, cioè l’esito della vittoria dell’Intesa, fondandosi sui principi di nazionalità e dell’autodeterminazione dei popoli. La “disfatta di Caporetto” fu un’offesa e una ferita per l’Italia, che “doveva fare il proprio testamento”. Tuttavia gli atteggiamenti di Croce nel corso della guerra furono contro la propaganda umanitaria di stampo illuministica, a favore invece dell’obbedienza allo Stato e ai doveri verso la Patria, fino all’estremo sacrificio. Croce – dice Colapietra – “è degno del nostro ricordo e della nostra ammirazione”.
Prosegue, intanto, il ciclo delle conferenze di Attualità culturale in dialogo, concepito dall'istituto per divulgare saggi e pubblicazioni recenti nei campi della letteratura, della storia, della filosofia e dell'arte che sono stati al centro della costante attività di studio e ricerca di Benedetto Croce.