E mentre c’è chi lotta per appropriarsi, a fini elettoralistici o ideologici di una battaglia, quella tra i coltivatori oleari Salentini da una parte e l’UE, il Consiglio UE dei Ministri dell’agricoltura ed la Xylella fastidiosa dall’altra, la nostra terra nel tacco dello stivale è sconquassata alle fondamenta, dove un cultura, un paesaggio, una storia rischia di scomparire all’insegna della globalizzazione ed all’imperizia, sconquassamento che non aspetta altro che superare quella linea immaginaria che lambisce la provincia sud di Bari, cosi che una volta superato il golfo ionico vi sarà la pericolosa apertura di un nuovo fronte ad ovest, con la Calabria ed la Basilicata.
Poi l’ultimo intervento decretato dal Consiglio dei 28 ministri delle politiche agricole dell’UE, esternato dal Commissario europeo alla Salute e Sicurezza alimentare, Vytenis Andriukatis, che prevede l’eradicazione, nella zona dei focolai, tra cui il territorio intorno a Gallipoli, individuato come epicentro del contagio del patogeno sud-americano, a cavallo delle provincie di Taranto, Lecce e Brindisi, di tutti gli ulivi accertati di aver contratto il patogeno o che presentino tali caratteristiche, cosi come per altre 150 specie arboree tra cui ciliegi ed albicocchi.
A ciò si aggiungono le parole del Commissario Straordinario nominato dal Governo, Giuseppe Silletti, Comandante regionale del Corpo Forestale dello Stato, che parla di termine delle operazioni entro la fine di Aprile, ma parla anche di un obbligo per gli stessi agricoltori di eradicare quelle piante che individuano infette, che sia accertato o meno, con una pericolosa discrezionalità da una parte ed una pericolosa indeterminatezza dall’altra (infatti, che se a differenza della Xylella, che vede un disseccamento a partire dalla parte apicale della pianta, un marciume facilmente rimovibile con tecniche pragmatiche, a prima vista, può presentare sintomi simili); ancora lo stesso Commissario, muovendo le ruspe, precisa che egli si occuperà dell’eradicamento nella zona cuscinetto, cioè il cordone immaginario fitosanitario, lasciando ai privati l’ignominioso compito, nella zona individuata come infetta della penisola salentina. A ciò si aggiunge, all’interno del diktat europeo, l’obbligo di utilizzare insetticidi chimici cosi come da questa individuati, con ancora maggiori aggravi economici; tutto ciò come al solito dietro minaccia di sanzione amministrativa.
Da non dimenticare dovrebbero essere gli interventi contro “possibili” Vettori del patogeno, come l’uomo e la sua imprudenza, o Vettori indiretti, o peggio gli Insetti vettori (tipo le Cicaline), che muovendosi nella stagione primaverile, ormai sempre più imperante, coadiuva una probabile diffusione.
Dell’origine del patogeno si sa ormai, diffusosi insieme alle piante ornamentali del Sud-America, un altro regalo della “Globalizzazione” e del “Libero Mercato”, ma si è parlato e si parla ancora di una qualche origine dolosa, di una qualche guerra biologica, tanto da avviare delle indagini a carico di ignoti da parte della Procura di Lecce, con apertura del fascicolo da parte del Sostituto Procuratore Elsa Valeria Mignone, che parla di “Diffusione di malattia delle piante”, previsto dall’articolo 500 del Codice Penale.
C’è anche chi parla di altra origine per il deperimento degli ulivi secolari salentini, tra cui il massiccio uso dei dissecanti chimici, in special modo lungo le linee ferroviarie, insieme ad un diffuso abbandono delle colture, con mancanza di trattamenti biologici a base di rame, provocando depauperamento delle quantità di Humus presenti nel terreno conseguente alla distruzione dei micro organismi per il terreno utili, Humus che, per fare un esempio, coadiuva il trattenimento dell’acqua all’interno del terreno.
Ma ancora, c’è chi parla di aver trovato una possibile cura, come i risultati del progetto di ricerca di un team di ricercatori delle Università di Bari, Foggia, Lecce ed del CNR e del Centro di ricerca Basile Caramia, che prevede l’utilizzo di nano vettori per veicolare prodotti, tramite iniezione nella pianta, tradizionalmente usati in agricoltura, quali il rame, zinco solfato di rame, che se raggiungono gli xilemi, i vasi linfatici dove si annida il patogeno, possono colpirlo ed eliminarlo dalla pianta in modo diretto.
Noi rimaniamo ancora del parere dell’inutilità della eradicazione, sarebbe come proporre di eliminare fisicamente delle persone infette nella speranza di eliminare la malattia senza la ricerca di una cura, o meglio, senza concentrare la gran parte delle forze alla ricerca di una cura; a ciò si aggiunge il nostro giudizio di assurdità per i criteri di eradicazione per i privati, basati sul solo fattore visivo, senza che la misura estrema abbia una base di scientificità, raggiungibile con test come DTBIA o ELISA, che ci dicono molto sullo stato della piante e sulla opportunità dell’eradicamento.
Il nostro consiglio è di curare amorevolmente il terreno come, consapevolmente, facevano i nostri avi, in special modo con arature mensili e potature ottimali per le piante, così da tenerle in forze ed evitare un rapido depauperamente per ogni tipo di patogeno, non solo la Xylella; non dimentichiamo che un albero per diventare fruttifero abbisogna di anni e di cure, non lo si può rimpiazzare da un giorno all’altro!
Non dimentichiamo che tale politica non fa altro che mettere in ginocchio un settore già di per se in profonda crisi, dove lo stato ancora non si mobilita per eventuali esenzioni per gli agricoltori colpiti e costretti all’eradicamento, nonché i nefasti effetti su di un paesaggio tra i più belli di sto mondo e per quelle antiche tradizioni, genuine e sacre tradizioni, che ci raccontano chi eravamo, cosa dovremmo essere e cosa non siamo!