Si è aperta ieri la stagione del Ramadan, che in Italia coinvolgerà circa un milione di musulmani.
Nella religione maomettana Ramadan è il nono mese dell’anno, della durata equivalente ad un nostro febbraio in un anno bisestile o ad un mese di trenta giorni: un periodo, questo, dedicato al digiuno, completo, e all’astensione dal fumo e dalle attività sessuali, altrettante complete.
Proibizioni rigide, valide dall’alba al tramonto. Chi le trasgredisse si renderebbe reo di empietà, cioè diventerebbe quello che gli arabi chiamano un kāfir. Malati e donne incinte sono le uniche categorie di persone a cui è consentito un regime di Ramadan meno severo; poi, però, scesa la sera, ogni fedele musulmano può tornare alla vita di sempre.
Tuttavia, anche per quello che riguarda le ore mattutine e pomeridiane, non si può non sottolineare come, in effetti, la prassi e la norma vogliano che le restrizioni sopra indicate siano osservate in modo tassativo quando si è in pubblico; il che significa che in privato, teoricamente, ogni fedele, in tutto l’arco della giornata, più che col precetto, deve fare i conti con la propria coscienza.
Tanti sacrifici e privazioni, nel nome e nel ricordo della rivelazione che il profeta Maometto ricevette dall’arcangelo Gabriele. Una vera e propria Annunciazione in versione coranica.
E il Ramadan, naturalmente, scatta anche per i cento migranti accampati sulla scogliera di Ponte San Ludovico, al confine tra Francia e Italia (ci troviamo più precisamente in Liguria, a pochi passi da Ventimiglia). Su di loro veglia la Croce Rossa.