È il derby pasquale della dolcezza: come a Natale c’è quello tra panettone e pandoro, così sulle tavole che celebrano la Resurrezione si apre quello tra colomba e uovo.
Entrambi con un alto valore simbolico: da un lato la rappresentazione farcita e guarnita della pace, e della sua messaggera per eccellenza, sin dai catastrofici tempi del Diluvio universale; dall’altro la metafora al cioccolato di Gesù che esce, risorto, dal sepolcro. Dire quale dei due dolci abbia la priorità dal punto di vista del significato spirituale, però, sarebbe arduo, un po’ come tentare di stabilire, sotto Natale, se sia più sacro il presepe di tradizione francescana o l’albero di derivazione pagana e poi protestante (luterana, sembrerebbe).
Come in tutti i derby che si rispettino, accade che una volta vinca l’uno, una volta l’altro. Quest’anno, per esempio, i dati forniti da un sondaggio Coldiretti indicano che la sfida stra-pasquale è appannaggio della colomba. La preferiscono, infatti, rispetto al grande rivale con lo zoccolo e il fiocchetto, ben sei italiani su dieci, anche se per il 51% dei consumatori adulti resta sempre l’uovo il momento dolce della Pasqua.
Ma dove la affetteremo la colomba (o dove romperemo l’uovo), in questa Pasqua in cui si festeggiano anche i primi timidissimi segnali di una ripresa? Il 46% delle famiglie dichiara che resterà a casa. Prima di tutto per risparmiare, ma anche per riscoprire il gusto della cucina familiare, con i sani ingredienti domestici: insomma, se non sarà l’uovo ad insidiare la leadership della nunzia col ramoscello, potrebbero farlo pastiere e altre specialità tipiche regionali.