Febbraio 1945. Ancora pochi mesi e la seconda guerra mondiale volgerà finalmente al termine ma la situazione in Friuli, nella zona italo-slovena della “Slavia Friulana” non è né tranquilla né semplice: da tempo ci sono contrasti tra il IX Korpus partigiano sloveno, facente parte dell'Esercito popolare di liberazione della Jugoslavia, e i partigiani italiani delle Brigate Osoppo-Friuli, inquadrate nel braccio armato del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, il Corpo Volontari della Libertà. Alla radice di una rottura da tempo vista insanabile la natura politica degli schieramenti: il Korpus sloveno, tra cui sono inquadrate alcune divisioni garibaldine italiane dopo accordi tra esso e il Pci (Partito Comunista Italiano), è dedito totalmente all'ideologia comunista mentre le Brigate Osoppo raccolgono le altre formazioni politiche e autonome quali quelle monarchiche, azioniste, cattoliche: una visione “politica” agli estremi che avrebbe dovuto essere accantonata nello sforzo militare congiunto per la lotta al nazifascimo ma che invece fin dal suo inizio ha visto una collaborazione nulla, andando in alcune vicende a sfociare in delazioni, furti e accuse di collaborazionismo: gravi reati che venivano contestati ai partigiani delle Osoppo, rei di trattenere tutto il materiale paracadutato dall'Esercito inglese (che non sopportava nè di armare partigiani “rossi” né la presenza sul campo) e di arruolare tra le loro fila soldati della RSI come di intrattenere rapporti esclusivi con essa, allo scopo presto di unirsi in una lotta aggressiva anticomunista.
L'acme viene raggiunto alla fine di gennaio del 1945, quando viene ordinato alla Brigata garibaldina “Natisone” di “liquidare” la I Brigata Osoppo, la maggiore e più presente nel territorio friulano, rea di non inglobarsi con il Korpus sloveno e non condividere armi e materiali paracadutati e di nascondere una spia fascista addidata da Radio Londra, Elda Turchetti. L'interpretazione dell'ordine, che per i successivi anni sarà oggetto di aspri dibattiti, controversie e “nebbia ideologica” destinata a permanere anche dopo il crollo comunista negli anni 90 e fino alla morte dei responsabili che spesso si porteranno i segreti nella tomba, non è chiara a molti ma lo è per i GAP (Gruppi di Azione Patriottica) della Natisone, che radunano cento partigiani e si muovono nella zona di Porzus dove, fattisi passare per sbandati evasi da un treno diretto in Germania, penetrano nel perimetro della I Brigata Osoppo e lì, dal 7 al 18 febbraio uccideranno almeno 17 partigiani con esecuzioni sommarie, facendone spesso sparire i corpi. Dovrà passare più di un mese prima che si abbiano notizie dell'eccidio, anche con goffi tentativi di attribuirne la responsabilità alle forze nazifasciste, cui seguiranno poi inchieste partigiane nonché processi giudziari per i successivi quindici anni con alterne dichiarazioni di colpevolezza, ritrattazioni e varie condanne, che però tra latitanze,amnistie e domande di grazia non sfoceranno mai nel carcere se non in quello scontato a livello preventivo durante i processi. Sono passati 70 anni dai tragici fatti eppure l'ombra della strage di Porzus è viva, mai sanata come sarebbe dovuto accadere in un paese civile ma “sacrificata” nella guerra fredda, al pari degli “armadi della vergogna” in merito alle stragi nazifasciste, e nella distensione diplomatica con la Jugoslavia. Vani i tentativi, anche da parte della sinistra politica italiana, di far luce in maniera corretta sui tragici fatti e sulle responsabilità, richieste che si sono sempre scontrate con un “muro di gomma” politico o addirittura sulla paura della gente anche dopo molti anni. Vano è stato anche il tentativo di documentazione asciutta del regista Franco Martinelli, che nel 1997 girò il film “Porzus” a ricordo della strage: Martinelli ebbe non poche difficoltà a girare nei luoghi interessati a causa dei divieti imposti dai sindaci della zona e venne cercato di proibirne la proiezione al Festival di Venezia, poi successivamente la Rai acquisì i diritti sulla pellicola e trasmettendola solo nel 2012, dopo che precedentemente il regista aveva accusato la stessa di una censura “politica” nei confronti del film.
Settant'anni da una strage “partigiana”: partigiani le vittime e partigiani i carnefici, che in nome della storia e della pace meriterebbe, oltre allo sforzo di numerosi lavori storiografici tesi a stabilire i fatti, anche una verità chiara e semplice, perché in futuro non possa ripetersi.