Ebola, critiche le condizioni della paziente scozzese

Sulla Cafferkey trattamento inefficace

Gianluca Vivacqua
06/01/2015
Dal Mondo
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Proprio mentre il mondo sorride e applaude all’Italia, dove il medico ricoverato allo Spallanzani, Fabrizio Pulvirenti, anche grazie al plasma di altri pazienti sopravvissuti, è riuscito a guarire dall’ebola e a tornare alla sua vita normale, in Gran Bretagna le condizioni di salute dell’infermiera Pauline Cafferkey precipitano in modo preoccupante, sempre a causa del morbo africano. Avevamo lasciato la Cafferkey, che aveva contratto l’ebola durante una missione sanitaria in Sierra Leone, ricoverata in un reparto di isolamento del Gartnavel Hospital di Glasgow, la sua città; l’aggravarsi del suo stato ha reso però necessario, negli ultimi giorni del 2014, il suo trasferimento in un centro di trattamento specialistico presso il Royal Free Hospital di Londra. Qui la donna, in base al metodo-Pulvirenti, è stata curata, e continua ad esserlo, con trasfusioni di plasma, ma il trattamento non sembra procurarle benefici: l’ultimo bollettino dei medici londinesi, diramato quasi alla vigilia dell’Epifania, definisce infatti “critico” il quadro clinico della paziente.
In un frangente come questo è d’obbligo ricordare nelle corsie del Royal Free Hospital il fortunato precedente di William Pooley, l’infermiere britannico uscito alla fine di agosto dal tunnel mortale della “peste nera” grazie allo ZMapp, il miracoloso anti-ebola a base di tre anticorpi monoclonali umanizzati. Già, lo ZMapp: se soltanto ci fosse la possibilità di disporne, dicono i medici della Cafferkey,  tutto sarebbe più semplice. Peccato che, proprio in questo momento, il farmaco sia diventato irreperibile praticamente in ogni parte del mondo. 

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