Dopo l’articolo pubblicato ieri su Il Secolo XIX (non firmato), ANSO vuole chiarire la sua posizione e dare alcune indicazioni a chi pontifica su editoria e giornalismo online, additandoli come il demonio, per poi caderne vittima suo malgrado (o vantaggio).
L'occasione per Il Secolo XIX ė stata quella di comunicare (e tentare di giustificare) ai propri lettori, l'aumento a partire da oggi del costo del giornale in edicola.
Tra le varie giustificazioni addotte a un certo punto, purtroppo, si legge:
“Alla concorrenza dei grandi motori di ricerca che agglomerano contenuti informativi prodotti da altri e li riversano gratis sul web, si è aggiunta una pletora di siti di informazione, molti dei quali operano senza nessuna garanzia di indipendenza e credibilità, violando tutte le norme contrattuali e sfruttando il lavoro in nero di tantissimi giovani”.
ANSO rappresenta gli editori di informazione locale online fin dal 2003. I quotidiani digitali non sono nati ieri dal nulla, alcuni hanno oltre 15 anni di vita. Ognuni di essi ha una propria storia, un modello editoriale che si è evoluto nel tempo, fino a diventare una fonte informativa privilegiata dai lettori.
Il mercato editoriale attuale premia la forma digitale dei contenuti e sta rendendo obsoleto - nel senso di non al passo coi tempi anche in senso stretto - il quotidiano cartaceo.
Tant’è che questi ultimi, proprio come i quotidiani online locali, hanno tutti aperto una propria versione digitale, compreso Il Secolo XIX, che offre notizie gratuite online.
Quindi la “pletora” di quotidiani online non è arrivata ieri a dar fastidio al Secolo XIX e simili, ma esiste da molto tempo e si è guadagnata una posizione con le proprie forze. Senza aiuti economici di alcun genere. E supponendo che chi scrive l’articolo conosca la lingua italiana, dovrebbe sapere che “pletora” significa sovrabbondanza, eccesso. Per il Secolo XIX, che assurge a difensore del corretto giornalismo, credibile e indipendente, esisterebbe quindi un eccesso di offerta informativa?
Ci limitiamo a sottolineare che la democrazia, il rispetto del lettore e l’opinione pubblica si costruiscono e si difendono anche con il pluralismo informativo. E’ sempre il lettore a decidere cosa leggere o non leggere. Cosa è credibile o no. E ci auguriamo che Il Secolo XIX non se ne abbia a male.
L’accusa manifesta verso realtà editoriali online che violerebbero le norme contrattuali sfruttando il lavoro nero ci indigna per due motivi: il primo è il fatto che chi fa giornalismo serio, circostanzia le sue accuse e, in questo caso, nella sede appropriata. Niente chiacchiere da mercato, ma fatti e prove. Nomi e cognomi alle autorità competenti.
Il secondo motivo è che esistono editori che fanno onestamente il loro lavoro e senza l’agevolazione dei mezzi messi a disposizione di testate giornalistiche tradizionali (finanziate dallo Stato e/o da gruppi di interesse).
In quanto all’accusa di sfruttare le notizie prodotte da Il Secolo XIX, o da altri giornali cartacei, siamo all’assurdo.
Il giornalismo online è in real time per definizione. La maggior parte delle notizie pubblicate dai nostri giornali online sono pubbliche quando quelli cartacei non sono ancora neppure in stampa.
Non solo, molto spesso sono proprio i nostri giornali a fare da fonte informativa a quelli tradizionali, che con tutta calma possono approfondire gli argomenti prima di andare in stampa.
Se Il Secolo XIX si sente danneggiato da qualcosa o qualcuno, anche qui vale la stessa regola: faccia nomi e cognomi. Fatti e non chiacchiere.
Giornalismo vero, insomma.
ANSO non può proprio chiudere un occhio su chi getta discredito sul lavoro serio e professionale che ogni giorno viene svolto nelle redazioni dei quotidiani online locali, su chi fa illazioni sul lavoro di tanti giornalisti che con passione e competenza ogni giorno riempiono le colonne digitali delle proprie testate e rendono conto ai propri lettori, su chi insinua comportamenti illegali e di sfruttamento da parte dei piccoli editori che senza nessuna agevolazione o incentivo cercano di fare impresa in un settore che ancora non restituisce i frutti dei tanti sforzi profusi.
Un’ultima battuta sui motori di ricerca.
Il Secolo XIX - ma in realtà non è affatto l’unico di questi tempi - contesta i motori di ricerca, rei di fare concorrenza alle testate giornalistiche. Non è così e ANSO è dalla parte di Google.
I motori di ricerca sono nati con la funzione di scovare, organizzare e rendere disponibili contenuti pubblicati su Internet. Un mare sconfinato di informazioni da reperire.
Se questa utilità infastidisce Il Secolo XIX, ANSO si chiede come mai la testata in questione si sia fatta indicizzare da Google, sia per la ricerca classica per i siti web che nella versione Google News. Forse perché trae vantaggio e visibilità da questi servizi gratuiti? E’ ora di finirla anche su questa storia. Si può anche decidere di non essere indicizzati.
Gli editori di quotidiani online cartacei devono rendersi conto che la favola è finita. Inutile arrabbattarsi alla ricerca di qualche spicciolo da Google. Sono convinti di avere un prodotto di qualità superiore agli altri, ma non mettono a pagamento le loro news digitali perché sanno che non le venderebbero. Forse perché questa questa qualità aggiuntiva non c'è? Allora seguono il nostro stesso modello di business, contribuendo così, da soli, a cannibalizzare il proprio giornale in edicola. E poi la colpa è degli altri.
È la stampa online, bellezza!