Il Financial Times inizia a fare i conti con la realtà sulla transizione energetica e ammette che il decoupling (indipendenza economica) dalla Cina per ora risulterebbe impossibile per l’Occidente:
“A mano a mano che i sussidi dell'IRA [Inflation Reduction Act] iniziano a essere distribuiti, appare chiaro che è difficile, se non impossibile al momento, separarsi totalmente dalla Cina in aree come l'energia solare. Le conversazioni che ho avuto di recente sia con responsabili politici che con leader aziendali mi hanno convinto, al contrario, che sia quantomai necessario discutere seriamente e a livello globale sui compromessi da fare se vogliamo una transizione energetica che sia veramente verde e crei posti di lavoro dignitosi negli Stati Uniti e all'estero.
Consideriamo, ad esempio, l'ultimo anno di annunci di nuove fabbriche di batterie solari e verdi negli Stati Uniti. Nuove regole significano che i moduli solari che si ritiene siano stati realizzati con il lavoro forzato in quelle fabbriche cinesi sporche possono essere sequestrati al confine con gli Stati Uniti. A prima vista, questa sembra una grande vittoria per l'amministrazione Biden. E per certi versi lo è: l'America sta finalmente iniziando ad approvare politiche per incoraggiare una crescita sostenibile e inclusiva.
Ma, quando si scava più a fondo, ci si rende conto che le specifiche IRA per cose come moduli o celle di batterie solari non tengono conto del fatto che quasi tutto il polisilicio grezzo, che viene scambiato come merce sul mercato globale e quindi non identificato per origine, è prodotto in Cina, in gran parte nello Xinjiang. Ciò significa che non c'è quasi nessun pannello solare negli Stati Uniti o praticamente altrove che sia veramente "pulito", per non parlare del fatto che è realizzato interamente con pratiche di lavoro inique, dato il predominio della Cina nel mercato.
"La domanda che dobbiamo porci è: quali tecnologie di energia pulita possiamo realizzare su larga scala in Occidente per realizzare la transizione verso l'energia verde che attualmente non dipendano dalla Cina?" afferma David Scaysbrook, socio amministratore di Quinbrook Infrastructure Partners, un'azienda australiana che costruisce e investe in energie rinnovabili, compresi i progetti relativi all'IRA. La sua risposta? "Non molte".
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Nell'ambito del piano del governo australiano, Quinbrook ha analizzato ciò che sarebbe necessario, ad esempio, per estrarre e produrre polisilicio verde nel Queensland, senza utilizzare alcun input o esperienza cinese.Di per sé la cosa è possibile, dato che l'Australia ha abbondanti materie prime come il quarzo e può utilizzare proprietà intellettuale e talenti provenienti da paesi come la Corea del Sud, la Germania, il Giappone o gli Stati Uniti, per costruire le fabbriche e le attrezzature necessarie per tale sforzo. Il problema è che sarebbe almeno due volte più costoso farlo. Inoltre, se un'azienda in Australia o anche negli Stati Uniti (che ha anche le materie prime per produrre polisilicio) volesse farlo, ci vorrebbero circa sei anni per costruire una nuova struttura. Ciò significherebbe solo due o tre anni di sovvenzioni alla produzione nell'ambito dell'IRA, che scadrà nel 2032. È un tempo lungo nel contesto della politica statunitense, ma non molto lungo nel contesto di ciò che è necessario per un ambiente veramente pulito e transizione energetica inclusiva.”