Intervista. Il dramma della comunità ucraina in Italia

Le emozioni e le sensazioni di un cittadino ucraino, residente da oltre 10 anni in Italia, di fronte all'invasione russa del proprio paese

Armando Travaglini
18/03/2022
Attualità
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Siamo oltre il ventesimo giorno di guerra in Ucraina. La popolazione continua a vivere sotto la minaccia costante delle bombe e dei raid russi, chi può scappa dalle città per rifugiarsi in campagna o oltre confine. 

Le ultime notizie parlano dell’avanzata dell’armata russa ormai arrivata in prossimità delle città più grandi del Paese. Ora i soldati di Mosca si preparano all’assedio, mentre l’esercito ucraino, guidato dal governo Zelensky, continua a resistere anche grazie alle armi fornite dai paesi occidentali.

Ad oggi, secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati sono 3.169.897 le persone fuggite finora dall’Ucraina. 

Una buona parte di essa si è distribuita automaticamente nei paesi dell’Ue trovando alloggio presso parenti ed amici, a volte amici di amici o addirittura sconosciuti che hanno messo a loro disposizione una stanza della loro casa. L’altra parte si trova nei campi per rifugiati in Polonia o in Romania.

Abbiamo voluto sentire da una delle migliaia di voci, provenienti dalla comunità ucraina del nostro Paese, come stesse vivendo questa situazione. Sono poche le persone che accettano di parlare per paura di una ritorsione contro familiari o amici rimasti ancora sul suolo ucraino. 

Però siamo riusciti a trovare un cittadino ucraino, residente da oltre 10 anni in un piccolo comune dell'Abruzzo, che ha accettato di rispondere alle nostre domande. Lo chiameremo Roman, per evitare ogni possibile riconoscimento. 

È originario di Ivano-Frankivsk, che distanza 133 km dall’ormai tragicamente famosa Leopoli, e fa il saldatore da anni in un'azienda della zona.

Dopo le solite formalità iniziali, accetta subito di rispondere alle nostre domande. La prima domanda non può che essere rivolta a scoprire quale sia stato il suo primo pensiero alla notizia dell’inizio dell’invasione russa del proprio paese.

“Dobbiamo ricordare - ci dice - che guerra per me e per il mio popolo è cominciata nel 2014. E io come tante persone sapevamo che sarebbe finita così. Io spesso guardo la TV russa. Loro parlavano chiaro. Vogliono ripristinare i confini dell’URSS negli anni 80. E se cade Ucraina non sarà la fine della guerra ma solo l’inizio.”

Quindi era una cosa che lei si aspettava?

“Si, sperando che accadesse. Ognuno di noi sogna pace e felicità.”

E quale è il primo pensiero che ha avuto quando la Russia aveva invaso la sua nazione?

“Un dolore forte per genitori, mogli e figli che perderanno figli, mariti e padri.”

Ha parenti in Ucraina?

“Due settimane fa siamo andati con la macchina a prendere nostra nuora con i due bambini di 7 ed 1 anno. Nostro figlio è rimasto. Fa parte della guardia territoriale. Sono rimasti pure mio padre ed il figlio di mio fratello, e tanti parenti.”

Li ha sentiti ultimamente?

“Ci sentiamoci parecchie volte al giorno. Abbiamo paura del peggio. Mio figlio può essere richiamato dall’esercito in qualsiasi momento.”

Posso chiederle che mestiere faceva prima della guerra?

“Lavora ancora in ufficio all’interno di una fabbrica chimica. Si occupa di fornitura del gas ed energia per aziende e privati cittadini. Dopo il lavoro fa la guardia notturna in un posto di blocco per impedire movimenti dei sabotatori.”

Cosa le racconta? Come vive lui questo momento?

“Male, come prima cosa c’è la sofferenza per la lontananza dalla moglie e dai figli. Poi l’incertezza per un domani che potrebbe non esserci.”

A questo punto Roman ci fa vedere la foto di un ragazzo. È il figlio del sindaco della sua cittadina d’origine morto, il giorno prima della nostra intervista, durante mentre difendeva il proprio paese dai russi. Aveva 26 anni.  Non ve la mostriamo per evitare il riconoscimento dell'intervistato.

Due ultime domande. Cosa pensa che avverrà? E che messaggio vuole mandare alle persone qui in Italia?

“Noi dobbiamo resistere. Il nostro popolo ha scelto di combattere e morire con onore, invece di una vita da schiavi, senza degnità. Se noi resteremo più lungo, lui (Putin) come tutti dittatori, cadrà per mano dei suoi. Il mio messaggio è che la vita si ha solo una volta quindi noi dobbiamo ricordare sempre le persone che hanno perso la vita per il nostro presente e futuro, per la nostra libertà.”

Volodymyr sul finire della nostra chiacchierata ci tiene a “ringraziare la comunità - in cui vive - , i nostri cari amici italiani, il sindaco e parroco per la raccolta di aiuti per rifugiati, che noi col loro aiuto siamo riusciti a consegnare in Ucraina. È grandissimo aiuto per la resistenza. L’Abbiamo fatto, dobbiamo farlo oggi, perché il domani potrebbe non esserci.”

Dobbiamo dirlo è un’intervista che ci ha commosso molto. Le parole fiere di Roman ci fanno capire veramente come la comunità ucraina del nostro territorio stia passando questo momento e come essa guardi alla tragica situazione della propria Patria.

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