A volte, è possibile che durante la fase adolescenziale si manifestino episodi di disturbo psicologico, ma c’è una buona notizia: circa metà di tali episodi non si ripresenteranno più, dopo i 20 anni. Particolarmente favorevole è l’esito per gli episodi di disturbo psichico singolo, di durata inferiore a sei mesi. È la risposta a una domanda che molti genitori si pongono, ossia se devono preoccuparsi per le cadute depressive e le manifestazioni d’ansia, frequenti tra gli adolescenti. Risposta che proviene da una ricerca recentemente pubblicata sulla rivista The Lancet, da un gruppo di studiosi guidati da George Patton del Centre for adolescent health del Murdoch children’s research institute di Parkville, in Australia. Lo studio ha coinvolto 1.943 adolescenti di 44 diverse scuole secondarie, testati a 15 anni e poi, successivamente, in altre otto ondate successive, fino ai 29 anni. Dai risultati, è emerso che le donne sono un po’ più a rischio di persistenza dei disturbi rispetto ai maschi, così come i ragazzi che provengono da famiglie con separazioni e divorzi. «Il decorso dei disturbi ansiosi e depressivi è diverso in adolescenti individuati con un’intervista condotta sulla popolazione generale, come nello studio australiano, secondo il quale il 29% dei maschi e il 54% delle femmine presenterebbe in un qualche momento un disturbo depressivo o ansioso, oppure in soggetti che richiedono attivamente una visita», sottolinea Gabriele Masi, direttore della Unità operativa di psichiatria dell’età evolutiva dell’Istituto scientifico Stella Maris di Pisa. «Quelli che richiedono una visita allo psichiatra sono meno numerosi, ma generalmente più gravi, con un disturbo più stabile e invalidante, e con un decorso a lungo termine, forse meno favorevole rispetto ai dati dello studio australiano» spiega la psichiatra -. Vanno, inoltre, differenziate le forme ansiose, generalmente più benigne, dalla depressione (soprattutto le forme più gravi o con maggiore componente genetica), che ha decorso più sfavorevole e più frequenti ricadute. È vero comunque, anche in base all’osservazione clinica, che molti soggetti possono non ripresentare il disturbo nella terza decade di vita». Per quanto riguarda il modo attraverso cui molti adolescenti riescono a sfuggire alle proprie difficoltà emozionali e di comportamento, gli autori della ricerca citano fenomeni particolari, quali la maturazione dei sistemi neuronali, coinvolti nello sviluppo delle abilità necessarie per regolare le situazioni emotive interne e anche le sfide provenienti dall’ambiente sociale. Tuttavia, un ruolo è giocato anche dalle naturali transizioni del ruolo sociale: man mano che entrano nell’età adulta, i ragazzi si trovano ad avere maggiore riconoscimento sociale, e di conseguenza, diventano anche più sicuri di se stessi. «Nello studio australiano la persistenza del disturbo depressivo o ansioso decresce gradualmente e solo nel corso della terza decade di vita scende in maniera netta - precisa il dottor Masi -. Nel periodo in cui un disturbo depressivo persiste a un livello clinicamente rilevante, spesso determina un’interferenza sulla qualità delle relazioni sociali e familiari, sulle prestazioni scolastiche e sullo sviluppo della personalità. Anche se dopo un decennio, la metà di questi adolescenti non presenta più depressione o ansia, le cicatrici prodotte negli anni possono esercitare un’azione negativa sulla qualità della vita. Un intervento terapeutico efficace sui disturbi depressivi persistenti può avere un effetto protettivo sullo sviluppo della personalità e sulla qualità della vita».