È certo che l’emergenza sanitaria stia preoccupando tutti, soprattutto gli ospedali e il personale sanitario, che vivono una situazione molto difficile. In realtà la sanità italiana convive spesso con periodi difficili, anche senza pandemie in atto.
Si pensi che normalmente oltre 14 milioni di italiani si rivolgono al Pronto soccorso per cure urgenti, un numero abbastanza elevato, considerando che continuano ad accadere incidenti, malori e altre patologie che richiedono urgenza, è evidente che l’emergenza sanitaria attuale abbia portato un forte logoramento per tutti.
I dati della Società Italiana della medicina di emergenza – urgenza (Simeu) ci dicono, però, che molti italiani, dall’inizio dell’emergenza sanitaria, hanno scelto di non presentarsi in Pronto soccorso, visto che gli accessi sono diminuiti del 30 per cento. Questo accade non perché la vita si sia fermata ma perché spesso ci si presenta in ospedale immotivatamente.
I ricoveri però sono sempre gli stessi. Ed è qui che sorge il problema maggiore perché mancano posti letto e le strutture per la rianimazione sono poche, in tutta Italia. Tra pubblico e privato sono poco più di 19mila i letti disponibili e solo 5.284 sono dedicati alla Terapia intensiva, quella che serve ai pazienti gravi di coronavirus. Numeri mal ripartiti tra nord e sud visto che al meridione c’è molta meno disponibilità.
Questa situazione di crisi sanitaria (a tutto tondo) deriva dalle scelte politiche degli anni passati che hanno effettuato dei tagli ai fondi. I calcoli della fondazione Gimbe di Bologna – si occupa della sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale – dicono che la sanità è stata indebolita dalla riduzione dei finanziamenti di oltre 37 miliardi nel corso degli ultimi 10 anni. Questo ha portato alla perdita di più di 70 mila posti letto, alla chiusura dei piccoli ospedali e a ben 359 reparti resi inoperativi. Purtroppo la penisola spende molto poco per la sanità pubblica, rispetto alla media europea e si è arrivati al punto di dover cancellare le prenotazioni già effettuate prima dell’emergenza perché non è possibile erogarle. Il risultato è che tante persone in attesa di controlli più o meno urgenti, devono rimandare tutto a pandemia rientrata.
È proprio in questo momento allora che vengono a galla i problemi e le inadeguatezze del sistema, dopo anni di malagestione. A pagarne le conseguenze, come sempre, sono i cittadini bisognosi sempre più di cure.