Calabria, operazione Gdf contro vertici Gicos

Ai domiciliari presidente del Catanzaro calcio

Gianluca Vivacqua
29/05/2017
Attualità
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Nomen omen.

Anche per una questione di campanilismi, un Cosentino alla guida societaria del Catanzaro non poteva (non doveva) avere troppa fortuna.  Ma non è il Catanzaro calcio la fonte dei guai più urgenti che assillano la mente di Giuseppe Cosentino, imprenditore che, nato in provincia di Reggio Calabria (ad Anoia) ed operante sia nel suo territorio natale che nel capoluogo regionale, in forza del suo cognome, e nonostante l'aspetto vagamente defilippiano, può ben definirsi pancalabrese (e quindi infischiarsene di certi cattivi auspici strapaesani).

Le aquile giallorosse, certo, hanno vissuto momenti migliori, ma quantomeno una risicata salvezza in Lega Pro, dopo un campionato tribolato e cinque cambi di allenatore (da Erra a Spader nel corso dell’estate, a Somma subentrato dopo una sola giornata, a Zavettieri dopo la X, e poi nuovamente ad Erra dalla XXV), sono riusciti a centrarla, al termine del playout fratricida con la Vibonese. Se per Cosentino il problema fosse stato il Catanzaro , con i suoi modi retro da presidente d'antan lo avrebbe già archiviato da qualche ora, bevendoci sopra uno spumantino o una gazzosa al caffè.

La causa delle sue disgrazie, purtroppo, è un’altra e riguarda il cuore vero e proprio del suo impero economico: la Gicos, la società di import-export con sede a Cinquefrondi (nel Reggino) che lo stesso Cosentino ha fondato nel 1996. Una realtà fiorente nel panorama delle iniziative imprenditoriali calabresi, forte di un know how consolidato e di un posizionamento nazionale e internazionale di prim’ordine (Gicos è regolarmente presente alle fiere più importanti del settore, come il MACEF di Milano e l’INTERGIFT di Madrid).

Questi sono, dunque, gli aspetti luminosi dell’azienda. Ora ci tocca parlare di quelli oscuri: per il procuratore della Repubblica di Palmi, Ottavio Sferlazza, Cosentino e alcuni suoi stretti collaboratori utilizzavano la Gicos anche come “porta” da cui far passare una parte consistente dei guadagni realizzati dalla società in conti protetti all’estero: in Svizzera, per la precisione.

Si basa su questo assunto l’inchiesta “Money Gate”, culminata stamani nell’operazione della Guardia di Finanza di Reggio Calabria che ha posto agli arresti domiciliari lo stesso Cosentino con la figlia, Ambra, una dipendente della Gicos, Carmen Ali Santoro, e un promotore finanziario di Milano, Stefano Noschese. Obbligo di dimora, invece, per altri quattro dipendenti dell’azienda: Mariella Viglianisi, Marco Pecora, Caterina Ziti e Simona Tedesco.

Per tutti l’accusa, come si legge nel comunicato emesso dai Finanzieri,  è di “associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla commissione di reati di natura fiscale, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e appropriazione indebita di ingenti somme di denaro in danno della “GICOS IMPORT-EXPORT S.r.l.”.  I militari hanno riepilogato anche, a grandi linee, la storia dell’inchiesta, scaturita da una verifica fiscale avvenuta nel 2011. Lo stesso anno in cui Cosentino rifondò il Catanzaro calcio e ne divenne presidente.

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