Undici morti da inizio settembre sulle montagne dell'Alto Adige. Ultimo l'alpinista Paolo Russo, maresciallo 35enne del Settimo reggimento Carabinieri di Laives, che era stato dato per disperso domenica, dopo un'escursione sull'Alpe di Villandro.
Il militare aveva firmato il libro di vetta, poi sulla via del ritorno si erano perse le sue tracce. Alle ricerche ha partecipato una squadra di circa 80 uomini, oltre a quattro elicotteri. Nel pomeriggio, il ritrovamento del corpo: era ai piedi della Cima dei Camosci, probabilmente è precipitato per 150 metri, morendo sul colpo.
Ma questa è solo l'ultima di un'incredibile serie di disgrazie sulle montagne altoatesine: undici solo in settembre. "Non ricordo tanti incidenti mortali di fila", spiega allarmato Adam Holzknecht, presidente dell'Aiut Alpin Dolomites, l'elisoccorso specializzato in interventi ad alta quota.
E non è di certo l'inesperienza a causare queste disgrazie, visto che quasi tutte le vittime erano tecnicamente molto preparate: tra i morti c'è anche Peter Mair, nota guida alpina di Sesto Pusteria. Molto esperti e per niente spericolati erano anche Andreas Kopfsguter e Helene Hofer, i giovani rocciatori altoatesini, morti il 2 settembre sulla cima Santner. Un chiodo non ha tenuto e i due climber sono precipitati per 300 metri.
"In montagna il rischio non potrà mai essere zero - commenta Hans Kammerlander, guida alpina - perché la sicurezza assoluta non si può comprare in un negozio di alpinismo. Si tratta quasi sempre di incidenti senza colpevoli, di semplice fatalità. Mi dispiace tanto per il collega morto sulle Croda dei Toni, ma purtroppo esiste un rischio professionale per noi guide alpine, che siamo tutti i giorni in montagna. È una questione di probabilità, come un rappresentante, che ogni giorno macina chilometri su chilometri sulle strade, rischia più di chi sabato mattina prende la macchina solo per andare all'autolavaggio".
Per Kammerlander, che ha scalato 13 dei 14 ottomila e che è stato il primo a scendere con gli sci dall'Everest, "negli ultimi 20-30 anni è comunque esploso il numero delle persone che vanno in montagna. Una volta su una parete vedevi due, tre persone, mentre oggi anche una ventina. È chiaro che aumenta anche il numero degli incidenti".
Salta all'occhio l'alto numero di rocciatori morti in questi giorni. Per chi non va in montagna sembrerà incredibile, ma sono piuttosto rari gli incidenti gravi di climber. Cerca una spiegazione per le ultime disgrazie Holzknecht, che è membro dei mitici Catores della val Gardena, una sorta di unità speciale di alpinisti e soccorritori. "Queste settimane - dice - erano caratterizzate da bel tempo e temporali brevi e intensi. Nei pressi dei canaloni questi acquazzoni hanno posato un pericoloso velo di sabbia sulle rocce".
Holzknecht, come anche Kammerlander, scagionano invece il cambiamento climatico, che è stato chiamato in causa da qualcuno, perché il ritiro del permafrost faciliterebbe il distacco delle prese in parete. "In montagna le disgrazie purtroppo capitano", ribadisce Kammerlander.
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