Giornata della memoria

Per non dimenticare. Figli e nipoti di sopravvissuti si fanno tatuare sul loro braccio il numero dei propri genitori o nonni.

Lorenzo Fantacuzzi
27/01/2016
Attualità
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Dal 1959, il 27 gennaio si ricorda la Shoah, ovvero le atrocità commesse dai nazisti e le vittime del genocidio.


Le ventiquattro ore della commemorazione sono così intense sul piano emotivo, che non pochi, da qualche anno a questa parte, hanno cominciato a chiedersi se sia questo effettivamente il modo migliore per perpetrare la memoria della Shoah, e se invece non sia venuto il momento di cercare delle alternative alla formula odierna – la sirena suonata per un minuto e il blocco totale di ogni attività, la lettura dei nomi delle vittime.


Si calcola che in Israele vivano ancora oltre 190 mila sopravvissuti alla Shoah, una cifra destinata a ridursi quasi completamente entro il 2025. Mentre la questione su quale sia la maniera migliore per tenere vivo il ricordo è compito del governo e delle istituzioni.
Un servizio televisivo trasmesso qualche mese fa ha evidenziato una nuova realtà che lentamente sta prendendo forma: figli e nipoti di sopravvissuti si fanno tatuare sul loro braccio il numero dei propri genitori o nonni. Dei 400mila “numeri” tatuati ad Auschwitz ne sono rimasti in vita poche migliaia.

Quello che fino a qualche decennio fa, veniva considerato come un segno d’infamia del quale liberarsi il più presto possibile, è diventato, ora per molti il simbolo del riscatto e della speranza. Shay Gal, il giornalista autore del servizio, ha intervistato alcuni figli e nipoti cercando di capire le motivazioni di un tale gesto.
Tutte le testimonianze concordano sul fatto che la decisione di compiere un tale gesto sia stata il risultato di una lunga e ponderata gestazione – in fin dei conti non è una cosa così semplice andare in giro con un numero che inevitabilmente si porta dietro interrogativi e provocazioni. Per gli intervistati comunque l’incognita principale da affrontare era la reazione degli interessati. Quasi nessuno ha avuto il coraggio di mostrare subito il proprio tatuaggio; e c’è chi ha aspettato oltre un anno prima di mostrarlo ai propri nonni. In effetti le reazioni, almeno all’inizio, non sono state incoraggianti.

“Auschwitz per me è un peso dal quale non potrò mai liberarmi; perché’ una simile sensazione deve passare anche a mio nipote?”.


D’altra parte dopo una prima reazione di scetticismo e di stupore il tatuaggio è stato accettato per quello che principalmente è una grossa prova di amore nei loro confronti. Chi ha scelto di farsi tatuare uno di questi numeri ha deciso di impegnarsi in un compito gravoso che lo accompagnerà per tutta la sua vita: diventare lui stesso un testimone vivente di ciò che è stato.

 

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