Anticipi serie A, la Lazio risorge a Firenze

Roma-Milan: parità nella sfida degli allenatori in bilico

Gianluca Vivacqua
10/01/2016
Sport
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Sabato 9 gennaio, è ufficiale: la Fiorentina è fuori dalla corsa per il titolo di campione d’inverno.

Ad estrometterla, una sorprendente Lazio che torna implacabile nella gara del “Franchi” - uno dei tre anticipi della XIX giornata di serie A, ultima del girone d'andata - apposta, si potrebbe dire, per rovinare la festa ai viola. Sotto il cielo mediceo non c’è stata storia: come un killer riesumato da una Spectre bianco-nerazzurra, i biancocelesti hanno recitato un copione che da molto tempo sembrava non fossero più in grado di sostenere.

Non stiamo parlando di una goleada, però; bensì di tre bei ganci assestati nei momenti più cruciali della partita. Fine primo tempo, e fine secondo tempo (tempi super-complementari):  le aquile di Pioli hanno crudelmente rigirato il coltello nel tallone d’Achille dei padroni di casa, abituati a trovare e consolidare le vittorie, e semmai a recuperare i risultati, nel corpo delle partite, e mai alle estremità dei due tempi, salvo particolarissimi casi.

Alla fine di una prima frazione senza padroni sbloccava Keita, a freddo, al 45’. Nella ripresa neppure il neoentrato Ilicic riusciva a far riprendere quota alla Fiorentina, e la Lazio super-cinica tornava a colpire lì dove il battito del cronometro si rarefà: correva il 93’, infatti, quando Milinkovic raddoppiava per gli ospiti. A quel punto un punteggio del genere avrebbe steso anche un elefante, ma la viola faceva come il cinghiale che, pur ferito ripetutamente, non rinunciava all’ultima carica letale. Soltanto un minuto dopo, infatti, la squadra di casa dimezzava lo svantaggio, con Roncaglia. Utopico pensare ad una miracolosa rimonta? Forse no, se soltanto di fronte non ci fosse stata una Lazio inesorabilmente votata al cecchinaggio, con i vecchi coscritti richiamati per l’occasione: e così, era serata di gloria anche per il fin troppo appannato genietto Felipe Anderson. Al 96’, ormai al di là di ogni possibile margine di rattoppo per gli avversari.   

Il Carpi torna alla vittoria casalinga, ai danni dell’Udinese. Undici giornate dopo lo storico acuto contro il Torino, e con il medesimo punteggio di quel felice 3 ottobre 2015, i menottiani tornano a far esultare il “Braglia”, e si regalano una boccata di ossigeno in classifica non indifferente: sempre penultimi, gli uomini di Castori, ma a quota 14 punti hanno un solo un punto di distacco dai volsci del Frosinone e due dai grifoni del Genoa, rispettivamente terzultimi e quartultimi (e manterranno tali distanze almeno fino a questo pomeriggio).  Alle loro spalle, nessuna paura: il Verona fanalino è staccato di ben sei punti. 

Gli eroi di giornata del Carpi portano i nomi italianissimi di Pasciuti e Lollo, in gol al 26’ e al 70’. I friulani di Colantuno, invece, per andare in rete devono aspettare che il colombiano Duván Zapata subentri al 62’ allo svizzero Widmer e, dieci minuti dopo, sfrutti alla perfezione la maldestra  deviazione di una conclusione del compagno Fernandes. Compagno illustre, dal momento che si tratta del capitano della nazionale under 21 portoghese.   

Finisce 1-1, invece, la sfida di cartello delle 20.45 tra Roma e Milan, allo stadio “Olimpico”. Per Garcia e Mihajlovic un risultato che lascia sostanzialmente invariata la situazione-thrilling delle loro panchine: ad un primo tempo dominato dalla Roma, pervenuta al vantaggio dopo soli quattro minuti con Rudiger,  è seguita una ripresa in cui ha fatto meglio il Milan, che ha pareggiato al 50’ con Kucka e ha poi più volte sfiorato il colpaccio; e tutto questo mentre la Roma si spegneva, nonostante un innesto ad alto tasso emotivo come quello di Totti. Al 61’ ingiustamente espulso Mihajlovic, “reo” di aver tirato un calcio ad una bottiglietta d’acqua: in realtà voleva soltanto scaricare la rabbia provocatagli da un gol fallito dai suoi. Tradito dal suo nervosismo, dunque, il serbo dal carattere irruento; lo stesso nervosismo di Garcia, in fondo, che però riesce a nasconderlo meglio grazie ad un’indole più flemmatica. 

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